Michele D’Angelo, un noto docente di biologia all’Università dell’Aquila, si trova attualmente detenuto nel carcere di Fier, in Albania, da quasi due mesi. La sua vicenda ha suscitato grande preoccupazione e interesse all’interno della comunità accademica italiana e tra le istituzioni nazionali. L’accusa formulata dalle autorità albanesi nei suoi confronti è di «violazione delle norme sulla circolazione» e «abbandono del veicolo» in relazione a un incidente stradale avvenuto l’8 agosto. Tuttavia, le circostanze precise di quanto accaduto rimangono poco chiare, dando origine a un acceso dibattito e a richieste di chiarimenti.
L’incidente stradale
L’incidente che ha portato all’arresto di D’Angelo è avvenuto lungo la strada Levan-Fier, in Albania. Secondo fonti vicine al professore, D’Angelo stava viaggiando a una velocità di circa 40 km orari quando la sua auto, una Lancia Ypsilon, è stata colpita da una Mercedes condotta da un cittadino albanese, identificato solo con le iniziali E.S., che pare avesse perso il controllo del veicolo a causa della velocità eccessiva. Testimoni affermano che D’Angelo non ha avuto modo di evitare l’impatto. Dopo l’incidente, secondo le autorità albanesi, D’Angelo si sarebbe allontanato dall’auto. Tuttavia, i suoi legali sostengono che questa reazione sia stata un gesto istintivo piuttosto che un tentativo di fuga.
Le reazioni politiche e istituzionali
Il caso ha attirato l’attenzione anche della politica italiana. Luciano D’Alfonso, deputato abruzzese del Partito Democratico, ha sollevato la questione in un’interrogazione indirizzata al presidente albanese Bajram Begaj. D’Alfonso ha evidenziato l’importanza della cooperazione bilaterale e ha chiesto che venga considerata l’adozione di «misure cautelari alternative alla detenzione», che potrebbero consentire a D’Angelo di tornare in Italia. L’onorevole ha sottolineato come D’Angelo si sia immediatamente messo a disposizione delle autorità albanesi, mostrando piena collaborazione e fornendo una deposizione dettagliata, supportata dalle registrazioni delle telecamere di sorveglianza.
Il profilo di Michele D’Angelo
Michele D’Angelo è un accademico rispettato, con un curriculum che parla di successi e riconoscimenti. Oltre a essere docente di biologia, D’Angelo è un membro attivo della comunità scientifica, collaborando con lo Sbarro Institute for Cancer Research and Biotechnology e il dipartimento di biologia della Temple University di Philadelphia. Le sue ricerche si concentrano su temi di rilevanza internazionale, e la sua assenza dall’Università dell’Aquila potrebbe avere ripercussioni significative su progetti in corso, con potenziali conseguenze per il finanziamento e lo sviluppo di iniziative di ricerca.
- D’Alfonso ha sottolineato che non solo la salute e il benessere del professore sono a rischio, ma anche il futuro di importanti progetti accademici.
- La sua detenzione ha creato un clima di incertezza e preoccupazione nell’ateneo aquilano, dove D’Angelo è considerato un elemento fondamentale per il progresso didattico e scientifico.
L’Università dell’Aquila in prima linea
L’Università dell’Aquila ha attivamente mobilitato le sue risorse per sostenere D’Angelo. Il rettore eletto, Fabio Graziosi, ha dichiarato che l’ateneo sta facendo tutto il possibile per richiedere la liberazione del docente e per alleviare la pressione psicologica sulla sua famiglia e sui colleghi. Anna Maria Cimini, direttrice del dipartimento di biologia, ha espresso profonda preoccupazione per la situazione, sottolineando l’importanza di D’Angelo per l’istituzione e la comunità accademica nel suo complesso. Cimini ha affermato che «tutte le iniziative messe in campo» sono orientate a garantire il rientro immediato del professore in Italia.
La questione di Michele D’Angelo non è solo una questione personale, ma si colloca anche in un contesto legale e diplomatico più ampio. Le autorità italiane sono in contatto con le autorità albanesi per cercare di comprendere meglio il trattamento riservato al docente e per garantire che i diritti di D’Angelo siano rispettati durante tutto il processo legale. Il caso ha anche sollevato interrogativi sulla gestione delle normative stradali in Albania e sull’efficacia delle misure di sicurezza stradale nel paese, che ha visto un aumento degli incidenti stradali negli ultimi anni.
In questa situazione complessa, l’attenzione rimane focalizzata non solo sulla sorte di Michele D’Angelo, ma anche sulla necessità di garantire un giusto processo e di tutelare i diritti di tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro nazionalità. La comunità accademica e le istituzioni italiane continuano a lavorare instancabilmente per ottenere chiarimenti e favorire una risoluzione positiva per il docente detenuto.