Negli ultimi giorni, il porto di Genova è diventato il fulcro di un’importante mobilitazione internazionale. Lavoratori portuali provenienti da vari Paesi europei si sono riuniti con l’intento di progettare una strategia comune per fermare le spedizioni di armi destinate a Israele. Questa iniziativa, come riportato da Politico, potrebbe evolversi in un boicottaggio su scala molto più ampia, minacciando di compromettere i legami commerciali tra l’Unione Europea e lo Stato ebraico.
la mobilitazione a genova
Ad accogliere i rappresentanti sindacali è l’Unione Sindacale di Base (Usb), che ha organizzato l’incontro per oggi e domani. Le delegazioni presenti provengono da Spagna, Francia, Grecia, Cipro, Marocco e Germania, tutte unite nella lotta per trasformare i porti in «zone libere da armi». Francesco Staccioli, membro della segreteria federale dell’Usb e coordinatore dell’iniziativa, ha dichiarato: «Speriamo di uscire da questo ritrovo con un progetto concreto, sia per l’azione immediata che per un impegno a lungo termine». L’obiettivo è chiaro: fermare le spedizioni di armi e creare una rete di solidarietà tra i lavoratori portuali europei.
contesto e sviluppi recenti
Questa mobilitazione è stata accelerata dalla recente escalation di violenza nella regione, compresi gli attacchi con droni alla Global Sumud Flotilla, una missione umanitaria diretta a Gaza. Gli attacchi hanno spinto il governo italiano, guidato da Giorgia Meloni, a intervenire, inviando la fregata «Alpino» per proteggere i cittadini italiani a bordo delle imbarcazioni. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha descritto la missione come «di valore», esortando le persone a raccogliere gli aiuti offerti dal Patriarcato Latino di Gerusalemme, un appello che ha trovato eco nel governo, ma che è stato successivamente rifiutato.
L’incontro di Genova include colloqui interni tra le delegate europee, mirati a coordinare una mobilitazione comune nei porti del Mediterraneo. Sabato, il dibattito si allargherà per coinvolgere ulteriori lavoratori della filiera e il pubblico. Staccioli ha affermato che le azioni potrebbero estendersi oltre il blocco delle armi, includendo un boicottaggio commerciale globale contro Israele che potrebbe influenzare una vasta gamma di beni, dai prodotti di consumo agli articoli tecnologici. «Le spedizioni dirette verso Israele devono fermarsi – ha sottolineato –. Non possiamo più ignorare il ruolo che i porti e il commercio internazionale giocano nell’alimentare un conflitto che ha visto la morte di migliaia di innocenti».
storicità delle azioni portuali
Non è la prima volta che i lavoratori portuali si uniscono per fermare il traffico di armi verso Israele. Negli ultimi mesi, si sono intensificate le azioni di blocco nei porti europei, con Marsiglia (Francia) e Pireo (Grecia) che hanno già assistito a fermate di spedizioni di materiale bellico. Anche in Italia, le mobilitazioni sono diventate più frequenti:
- A metà settembre, i portuali di Ravenna hanno bloccato due container carichi di esplosivi.
- A Livorno, hanno impedito l’attracco di una nave statunitense, di ritorno da Eilat, nel Mar Rosso, trasportando mezzi militari.
- A Genova, i lavoratori hanno fermato il carico di armi destinate a essere imbarcate sulla nave saudita Bahri Yanbu per Abu Dhabi.
Queste mobilitazioni hanno portato alla creazione di una rete di solidarietà tra i sindacati portuali più potenti d’Europa, inclusi la Coordinadora in Spagna, la Cgt Port & Docks in Francia e i sindacati greci e ciprioti che controllano rispettivamente i porti di Pireo e Limassol. Anche in Marocco, l’Odt rappresenta i lavoratori del porto di Tangeri, un nodo cruciale per il commercio mediterraneo.
L’analisi di questo contesto non può prescindere dal fatto che l’Italia è il sesto maggiore esportatore di armi al mondo e si colloca al terzo posto nella classifica dei fornitori di armi a Israele, subito dopo Stati Uniti e Germania. Genova, con una movimentazione di 2,74 milioni di container nel 2023, è uno dei principali hub marittimi del Mediterraneo. Ogni anno, secondo il Calp, dal porto ligure partono tra i 13 e i 14 mila container diretti verso Israele, rendendolo un obiettivo strategico per le proteste contro l’utilizzo dei porti italiani per il traffico di armamenti.
Le azioni dei lavoratori portuali pongono in evidenza il ruolo cruciale delle infrastrutture marittime non solo come snodi strategici per il commercio ma anche come attori chiave nelle dinamiche geopolitiche globali. «I porti sono diventati campi di battaglia strategici», ha affermato Staccioli, evidenziando l’urgenza di un coordinamento più forte e di una posizione comune tra i lavoratori del settore.