La comunità di Caivano, un comune della provincia di Napoli noto per le sue complessità sociali e criminali, è stata scossa da un episodio inquietante che ha coinvolto un sacerdote molto rispettato, Don Maurizio Patriciello, e un uomo noto come Vittorio De Luca, soprannominato “Caciotta”. Questo evento ha riacceso l’attenzione pubblica sulle dinamiche della criminalità organizzata nella regione e sull’arduo lavoro di figure come Don Patriciello, che da anni si batte contro il malaffare.
Chi è Vittorio De Luca
Vittorio De Luca, nato nel 1950, è un personaggio controverso. Sebbene non abbia mai fatto parte formalmente della camorra, la sua vita è segnata da una serie di episodi problematici e di denunce, che lo hanno portato a essere visto come un individuo instabile. Caciotta è noto nel quartiere del Parco Verde, dove vive, e la sua figura è spesso associata a comportamenti eccentrici e a una certa violenza verbale. Tuttavia, la sua connessione familiare con la camorra è innegabile: sua figlia ha sposato un membro di spicco del clan Ciccarelli, uno dei gruppi più noti della zona.
L’episodio del proiettile
La tensione è esplosa quando Caciotta ha consegnato a Don Patriciello un proiettile calibro 9, un gesto che ha scatenato una serie di interrogativi sulla sua motivazione e sui mandanti che potrebbero averlo spinto a compiere un atto così audace. La procura di Napoli ha immediatamente reagito, accusando De Luca di atti persecutori aggravati dal metodo mafioso. Questo tipo di accusa non è da sottovalutare, poiché implica un legame diretto con le attività mafiose, anche se Caciotta non è mai stato considerato un membro attivo della camorra.
Precedenti allarmanti
L’episodio di ieri non è isolato. Già nel giugno del 2024, Caciotta era stato fermato in chiesa con un coltello, un gesto che aveva sollevato preoccupazioni sulla sua stabilità mentale e sulla sicurezza degli altri. In quella occasione, aveva giustificato il possesso dell’arma dicendo che non intendeva usarla contro Don Patriciello. Le autorità avevano visto in quell’episodio un segnale allarmante, un campanello d’allarme su un uomo che vive ai margini della legalità e della salute mentale.
Dopo essere stato arrestato per la consegna del proiettile, Caciotta ha rilasciato dichiarazioni inquietanti. Ha affermato di essere stato “ordinato” di portare il proiettile e ha aggiunto, con una certa nonchalance, che “se lo dico mi uccidono”. Questa frase suggerisce un’ombra di intimidazione, una prova che dietro le quinte ci sono forze più grandi che agiscono nel buio.
La lotta di Don Patriciello
Don Patriciello è un uomo di fede noto per il suo impegno nella lotta contro la camorra e per il sostegno alle famiglie in difficoltà. La sua chiesa, San Paolo Apostolo, è diventata un rifugio per molti e un simbolo di resistenza contro la violenza e la paura che caratterizzano la vita quotidiana in molte zone di Napoli. La sua reazione a questo ultimo episodio di minaccia è stata di determinazione: nonostante l’intimidazione, il sacerdote ha ribadito la sua volontà di continuare la sua missione di aiuto e sostegno alla comunità.
La situazione di Caivano non è unica. In molte aree della Campania, la presenza della camorra continua a influenzare le vite delle persone, creando un clima di paura e sottomissione. Le forze dell’ordine, insieme alla magistratura, stanno intensificando gli sforzi per combattere la criminalità organizzata, ma gli episodi come quello di Caciotta dimostrano quanto sia complesso il problema.
Il caso di Vittorio De Luca non è solo un episodio di cronaca nera; è un riflesso di una società lacerata da ingiustizie e violenze, dove figure come Don Patriciello si ergono a baluardi di speranza e cambiamento. Mentre le indagini continuano e la comunità spera in un futuro migliore, la storia di Caciotta rimane un monito delle sfide che ancora devono essere affrontate nella lotta contro la camorra e la cultura della paura che essa perpetua.