Il Mia (Mercato Internazionale dell’Audiovisivo) si prepara a dare il via alla sua edizione annuale con una vetrina imperdibile dedicata al documentario italiano, intitolata “Italians Doc It Better”. Questo showcase, composto interamente da anteprime mondiali, presenta dieci titoli che esplorano tematiche di grande rilevanza storica, identitaria e di cambiamento sociale, ponendo interrogativi sul presente e tracciando possibili scenari futuri.
Uno dei punti di forza di questa selezione è rappresentato da “The possible lives/le vite possibili”, l’ultima opera del pluripremiato regista Agostino Ferrente. Questo film, prodotto da Casa delle Visioni Srl, Pirata Manifatture Cinematografiche e Anemone Film, si configura come uno spin-off del precedente documentario “Selfie”. Attraverso materiali inediti e frammenti di vita filmata, Ferrente ci porta nel Rione Traiano di Napoli, dove i giovani a soli dodici anni si trovano di fronte a scelte cruciali che possono segnare il resto della loro vita. La narrazione si fa intensa e coinvolgente, offrendo uno sguardo profondo sulle sfide e le speranze di una generazione.
Napoli e i suoi racconti
Restando a Napoli, troviamo “Fish don’t close their eyes/i pesci non chiudono gli occhi”, un’opera di Audrey Gordon, co-prodotta tra Francia, Italia e USA. Questo film mescola finzione e documentario per raccontare la vita dello scrittore Erri De Luca. Al centro della storia c’è una novella del 1960 che narra la scoperta dell’amore da parte di un giovane Erri, mentre affronta il tema della giustizia. Attraverso la performance di due giovani attori e l’utilizzo di filmati Super 8 e materiali d’archivio, il film crea un dialogo poetico tra memoria, sogno e realtà, fondendo il ricordo personale con la storia collettiva di Napoli, dal dopoguerra fino agli anni Settanta.
Il potere della comunità
Marco Amenta, noto per il suo precedente lavoro “La Siciliana Ribelle”, dirige “The people’s theater/Il teatro povero della val d’Orcia”, un documentario che celebra il borgo di Monticchiello, in provincia di Siena. Qui, da quasi sessant’anni, gli abitanti mettono in scena un teatro “povero” in piazza, senza scenografie elaborate né professionisti, ma con una forte componente di narrazione personale. Questo progetto è un esempio straordinario di come l’arte possa unire una comunità e raccontare storie che altrimenti rischierebbero di essere dimenticate.
Temi di dignità e identità
Un’altra opera significativa è “The eighth day/L’ottavo giorno” di Sabrina Varani, prodotto da Rete Blu Spa. In questo film, uomini e donne senza dimora diventano protagonisti di un cammino spirituale che li conduce alla Porta Santa di San Pietro durante l’Anno Santo. Attraverso questo percorso, il film affronta temi profondi di dignità e speranza, illuminando le vite di coloro che spesso vivono ai margini della società.
La regista Pepi Romagnoli ci offre un’intima riflessione in “Rosanna between the lines/Rosanna tra le righe”, un viaggio personale che la porta a esplorare la vita di sua madre, Rosanna. A 57 anni, Rosanna ha ottenuto un diploma in grafologia e ha pubblicato tre libri. Oggi, a 88 anni, intraprende una passeggiata immaginaria nel bosco della sua infanzia, riflettendo su come il tempo e le esperienze plasmino la nostra identità.
In “My father’s wigs/I capelli di mio padre”, Lorenzo Signoretti racconta la storia di suo padre Aldo, un artista quattro volte candidato all’Oscar, le cui parrucche hanno dato vita a mondi cinematografici iconici come quelli di “Moulin Rouge!”, “Gangs of New York” e “Apocalypto”. Questo documentario non è solo un tributo al talento di Aldo, ma anche una meditazione sulle radici familiari e sull’eredità creativa.
Il film “Heart dressed/Vestiti con il cuore”, diretto da Sophie Chiarello e Giulia Amati, ci porta in villaggi remoti di Bhutan, Guatemala, Perù e Kirghizistan. Qui, artigiane tessitrici lottano per preservare tradizioni ancestrali di fronte alla crescente industrializzazione e all’isolamento. L’arrivo di quattro stilisti di fama internazionale accende collaborazioni inaspettate, mostrando come la moda possa diventare un veicolo di espressione culturale e resistenza.
Dalle remote montagne dell’Asia e dell’America Latina, ci spostiamo alle Alpi italiane con “Pestiferus lupus”, prodotto da Box Vision e diretto da Ludovico Serra e Luca Jankovic. Ambientato a Forno, un villaggio alpino che resiste allo spopolamento, questo documentario esplora la vita di una comunità che cerca di mantenere vive le proprie tradizioni in un contesto di cambiamento.
Infine, “Oto”, un’opera di Elisa Motta e Matteo Ferrarini, è una celebrazione dell’udito che trasporta gli spettatori in un viaggio attraverso le antiche tradizioni sonore del mondo, intrecciando paesaggi acustici contemporanei. Partendo dal proverbio tibetano “Tutto ebbe inizio con il suono di SU, prima che non ci fosse nulla”, il film invita a riflettere sull’importanza del suono e della musica nella nostra vita quotidiana.
Chiude la selezione “Ari: mom, sex and everything else”, diretto da Fabio Breccia. Questo film racconta la vita di Ari, una giovane donna che sfida le convenzioni sociali e si reinventa ogni giorno. Dietro il suo trucco e i suoi travestimenti si nasconde una ferita profonda, colma di sogni e rituali che la portano a esplorare la sua identità in un mondo che spesso non è pronto ad accettarla.
Questi dieci documentari non solo rappresentano il meglio della produzione italiana contemporanea, ma offrono anche uno spaccato della società attuale, invitando il pubblico a riflettere su temi universali di identità, memoria e cambiamento. Con “Italians Doc It Better”, il Mia si conferma come una piattaforma fondamentale per la promozione e la valorizzazione del documentario italiano nel panorama internazionale.