Gino Cecchettin apre a una nuova speranza per Filippo Turetta con la giustizia riparativa

Gino Cecchettin apre a una nuova speranza per Filippo Turetta con la giustizia riparativa

Gino Cecchettin apre a una nuova speranza per Filippo Turetta con la giustizia riparativa

Matteo Rigamonti

Ottobre 7, 2025

Gino Cecchettin, padre di Giulia, ha vissuto una tragedia inimmaginabile: la perdita della propria figlia, vittima di un femminicidio. La sua esperienza personale lo ha portato a riflettere non solo sul dolore e sulla giustizia, ma anche su temi più complessi come la giustizia riparativa. In una recente intervista rilasciata a Jessica Muller Castagliolo per il Quotidiano Nazionale, Cecchettin ha espresso la sua apertura a un possibile percorso di giustizia riparativa per Filippo Turetta, l’uomo accusato dell’omicidio di Giulia. Le sue parole rivelano un approccio sorprendentemente umano e riflessivo a un tema che spesso suscita reazioni forti e polarizzate.

La giustizia riparativa come opportunità

Cecchettin ha affermato: «Penso, in generale, che la giustizia riparativa possa essere un percorso valido per reinserire nella società le persone che hanno sbagliato, anche in modo grave». Questa affermazione riflette una visione che cerca di andare oltre il semplice punire il colpevole. La giustizia riparativa mira a riparare il danno inflitto e a ristabilire una connessione tra vittima e colpevole, favorendo la comprensione e la responsabilizzazione.

Tuttavia, Cecchettin ha anche sottolineato che non si tratta di un percorso immediato. Ha dichiarato: «È troppo tardi», riferendosi alla fase attuale del processo, a meno di un mese dall’Appello. Inoltre, ha aggiunto che «forse è troppo presto» per considerare la riparazione come un’opzione valida in questo contesto specifico. La sua posizione è chiara: riparare richiede un orizzonte più ampio, una pianificazione a lungo termine e strumenti concreti per permettere un vero reinserimento nella società.

La pressione mediatica e il coraggio di affrontare gli stereotipi

La pressione mediatica e il contesto sociale in cui si muove Cecchettin giocano un ruolo significativo nella sua esperienza. «Ti senti giudicato. Non puoi prendere posizione su nulla senza essere frainteso», ha affermato, descrivendo la prigione di stereotipi e pregiudizi in cui si trova intrappolato. La sua attitudine è di affrontare la situazione con coraggio: «Assolutamente sì, rifarei tutto. Gli stereotipi si combattono anche così, affrontandoli, senza paura di andare controcorrente». Questa determinazione a combattere le correnti contrarie è esemplare e dimostra una resilienza che va oltre la semplice reazione emotiva a un evento tragico.

L’importanza della consapevolezza sulla violenza di genere

La violenza sulle donne è un tema che Cecchettin ha a cuore e su cui desidera che ci sia una maggiore consapevolezza. Ha osservato: «Quello che ancora è assente è una reale conoscenza del tema», sottolineando l’importanza di educare le persone, in particolare le nuove generazioni. Per questo motivo, ha deciso di circondarsi di un comitato scientifico composto da esperti del settore, con l’intento di costruire possibili soluzioni basate su una comprensione scientifica del fenomeno.

Cecchettin ha avviato iniziative attraverso la sua Fondazione per sensibilizzare il pubblico, in particolare i giovani, sulla complessità della violenza di genere. Un aspetto cruciale che desidera portare all’attenzione è che la violenza sulle donne non è solo un problema che riguarda le donne stesse, ma è anche una questione che deve coinvolgere gli uomini. Ha affermato: «Spero che si percepisca che la violenza sulle donne è un problema soprattutto per gli uomini», esprimendo una speranza per un cambiamento culturale profondo.

Il lavoro di Cecchettin è quindi duplice: da un lato, si impegna a elaborare un percorso di giustizia che possa permettere una riflessione profonda sul tema della responsabilità; dall’altro, è un attivista che lotta per diffondere la conoscenza e la consapevolezza riguardo alla violenza di genere. La sua perseveranza è un esempio di come si possa cercare di affrontare il dolore e la perdita attraverso l’impegno sociale e la volontà di cambiare le cose.

In questo contesto, la giustizia riparativa emerge come un’opzione che, sebbene complessa, potrebbe rappresentare una via per affrontare le conseguenze di atti violenti. Cecchettin, pur esprimendo riserve su tempistiche e modalità, non scarta l’idea, dimostrando una visione ampia e inclusiva. La sua testimonianza è un richiamo a una riflessione più profonda su come la società possa affrontare il tema della violenza, garantendo giustizia non solo per le vittime, ma anche per chi ha sbagliato, offrendo loro la possibilità di un percorso di cambiamento e redenzione.