Dietro la strage di Castel D’Azzano: il mistero dei fratelli Ramponi e la firma falsa

Dietro la strage di Castel D’Azzano: il mistero dei fratelli Ramponi e la firma falsa

Dietro la strage di Castel D’Azzano: il mistero dei fratelli Ramponi e la firma falsa

Matteo Rigamonti

Ottobre 15, 2025

La strage avvenuta il 2 febbraio 2023 in via San Martino 22 a Castel D’Azzano ha scosso profondamente non solo la comunità locale, ma anche l’intera nazione. I protagonisti di questa drammatica vicenda sono i tre fratelli Ramponi: Franco, Dino e Maria Luisa, coinvolti in un’escalation di tensioni legate a questioni finanziarie e legali che li hanno portati a una situazione di disperazione estrema.

Nati e cresciuti in un contesto rurale isolato, i Ramponi hanno vissuto in una casa colonica ereditata dai genitori, dedicandosi all’agricoltura e alla cura del bestiame. Tuttavia, le difficoltà economiche hanno iniziato a gravare su di loro, trasformando la loro esistenza idilliaca in un incubo.

Il mutuo e la crisi economica

Il punto di partenza di questa crisi è il mutuo di 70.000 euro richiesto da Franco Ramponi al Credito Padano per impiantare un frutteto. Purtroppo, i pagamenti delle rate sono cessati quasi immediatamente, portando la banca ad avviare una procedura esecutiva. La situazione si è complicata ulteriormente quando Franco ha denunciato la perdita della carta d’identità e lo scambio di persona, affermando che la firma sul contratto del mutuo non era la sua, ma quella di suo fratello Dino. Tuttavia, questa tesi è stata messa in discussione per diversi motivi:

  1. Parte dei fondi del mutuo era stata utilizzata per ripagare debiti personali.
  2. La banca e il notaio conoscevano bene la famiglia Ramponi.

Eventi traumatici e isolamento

Negli anni precedenti all’incidente, i fratelli Ramponi hanno vissuto eventi traumatici, tra cui un grave incidente con un trattore che ha causato la morte di un camionista. L’assenza di luci e segnali sul trattore ha portato a controversie legali che hanno pesato su di loro. La sensazione di essere perseguitati da un sistema giudiziario e bancario che li ha schiacciati è diventata opprimente.

La loro casa colonica si è trasformata in un fortino. Con l’ordine di sgombero imminente, i Ramponi hanno deciso di barricarsi all’interno, riempiendo la casa di bombole di gas e materiali infiammabili. Maria Luisa ha espresso la loro angoscia, lamentando di aver perso tutto, compresa la loro azienda agricola. La disperazione ha portato i tre fratelli a una scelta fatale, culminata in un attacco che ha provocato la morte di due carabinieri e un civile.

La mancanza di supporto e il dialogo interrotto

Il giorno della tragedia, mentre Franco e Dino si barricavano in casa, Maria Luisa ha dichiarato che la loro unica “colpa” era quella di essere stati vittime di una firma falsa e di un debito ingiusto. Isolati fisicamente ed emotivamente, non sono riusciti a cercare aiuto o stabilire un dialogo con le autorità locali. La sindaca di Castel D’Azzano, Elisa Guadagnini, ha sottolineato che i Ramponi non si erano mai rivolti al Comune per ricevere supporto.

Le autorità locali, consapevoli della difficile situazione dei fratelli, hanno tentato di instaurare un dialogo. Un’assistente sociale ha avvicinato Maria Luisa, ma i tentativi di mediazione sono stati vani, poiché la rigidità dei Ramponi ha impedito qualsiasi possibilità di risoluzione pacifica, portandoli a una spirale di violenza e disperazione.

La tragica storia dei fratelli Ramponi è un riflesso della fragilità umana di fronte a situazioni di estrema difficoltà economica e legale. La strage dei carabinieri di Castel D’Azzano rimarrà nella memoria collettiva come un episodio tragico, sollevando interrogativi su come la società gestisce debito, isolamento e assistenza sociale. Questa vicenda ci invita a riflettere su come le istituzioni possano intervenire per prevenire simili tragedie, garantendo supporto a chi si trova in situazioni di vulnerabilità.