Filippo Turetta accetta l’ergastolo: la lettera ai giudici e le conseguenze della sua scelta

Filippo Turetta accetta l’ergastolo: la lettera ai giudici e le conseguenze della sua scelta

Filippo Turetta accetta l’ergastolo: la lettera ai giudici e le conseguenze della sua scelta

Matteo Rigamonti

Ottobre 15, 2025

Filippo Turetta, il giovane reo confesso dell’omicidio di Giulia Cecchettin, ha preso una decisione sorprendente e drammatica: ha rinunciato all’appello e ha dichiarato di accettare la condanna all’ergastolo per il delitto commesso l’11 novembre 2023, quando la ventiduenne è stata brutalmente assassinata con 75 coltellate. La sua scelta è stata comunicata attraverso una lettera scritta a mano, inviata ai quattro uffici giudiziari di Venezia che seguono il caso, tra cui la procura generale e la Corte d’assise. Nella missiva, Turetta afferma: «Rinuncio all’appello, voglio pagare interamente per l’omicidio di Giulia Cecchettin».

Questa decisione segna un capitolo significativo in uno dei casi più seguiti dai media negli ultimi anni, dove il femminicidio ha suscitato un acceso dibattito sociale e giuridico. La lettera di Turetta, come riportato dal Corriere della Sera, evidenzia un cambiamento nella sua posizione, un mutamento che sembra essere il risultato di un periodo di intensa riflessione e di un clima sempre più insopportabile all’interno del carcere di Montorio, dove è detenuto.

La condizione in carcere e il pentimento

Secondo fonti vicine al caso, Turetta ha vissuto momenti di grande angoscia in carcere, subendo minacce continue e addirittura un’aggressione da parte di un altro detenuto. Questi eventi hanno contribuito a far crescere in lui un senso di pentimento e la decisione di non cercare sconti di pena, ma di affrontare la realtà della sua condanna. Nella lettera, esprime un “sincero pentimento” per il crimine commesso e la volontà di dimostrare di non voler eludere la giustizia.

Implicazioni legali della rinuncia all’appello

La rinuncia all’appello implica che i suoi avvocati, Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, non porteranno avanti la battaglia legale che avevano pianificato per contestare le aggravanti riconosciute dalla Corte d’assise, in particolare quella della premeditazione. Questo aspetto era cruciale poiché, se l’aggravante fosse stata annullata, la pena dell’ergastolo avrebbe potuto essere messa in discussione. Infatti, i giudici avevano sostenuto che Turetta avesse pianificato meticolosamente il delitto, redigendo una lista di azioni da compiere per realizzare l’omicidio.

Tuttavia, la procura di Venezia aveva già impugnato la sentenza, richiedendo l’aggiunta di ulteriori aggravanti, quali la crudeltà e lo stalking. Questi elementi avrebbero potuto complicare ulteriormente la situazione di Turetta. Con la rinuncia all’appello, si pone ora un interrogativo su cosa accadrà durante l’udienza prevista per il 14 novembre. Se i legali di Turetta ufficializzeranno la rinuncia, il dibattito in aula riguarderà esclusivamente il ricorso presentato dalla procura, che potrebbe continuare a lottare per l’inserimento delle aggravanti richieste.

Riflessioni sulla violenza di genere

Questo caso ha messo in luce non solo l’atrocità del delitto, ma ha anche sollevato questioni più ampie riguardanti la violenza di genere e il trattamento dei detenuti nelle carceri italiane. La morte di Giulia Cecchettin ha scosso la comunità, generando un’ondata di indignazione e mobilitazione pubblica. Molte associazioni e gruppi di attivisti hanno chiesto misure più severe contro la violenza di genere e una maggiore protezione per le donne. La decisione di Turetta di accettare l’ergastolo, per alcuni, potrebbe essere vista come un tentativo di placare le acque, ma per altri rappresenta un’ulteriore riflessione sull’inefficacia del sistema penale nel prevenire e punire adeguatamente i reati di femminicidio.

La lettera di Turetta, pur essendo un atto di accettazione della sua condanna, solleva interrogativi sulle motivazioni che lo hanno portato a questa scelta. È davvero un segno di pentimento, o piuttosto una strategia per affrontare le conseguenze della sua azione in un contesto carcerario difficile? E come reagirà la società a questa decisione? Il 14 novembre, giorno dell’udienza, rappresenterà un momento cruciale non solo per il futuro di Turetta, ma anche per la percezione pubblica della giustizia in Italia e della lotta contro la violenza di genere.

Il caso di Giulia Cecchettin rimane emblematico di una problematica sociale che richiede attenzione e azioni concrete, affinché tragedie simili non si ripetano in futuro.