Il governo italiano ha convocato i sindacati per affrontare la delicata situazione dell’ex Ilva, ma nonostante ciò, lo sciopero di giovedì è confermato e coinvolgerà tutti i siti del gruppo Acciaierie d’Italia. Le sigle sindacali, tra cui Fim, Fiom e Uilm, hanno dichiarato che “le parole non bastano più” e che “il tempo della pazienza è scaduto”. Questa mobilitazione arriva in un momento critico per il settore, con assemblee degli operai che si sono tenute negli stabilimenti, segnando un forte segnale di disagio tra i lavoratori.
Convocazione e assemblee
La convocazione ufficiale è stata fatta dal capo di gabinetto del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Nicola Guerzoni, per un incontro fissato per martedì 28 ottobre alle 18.00, presso la Sala Verde di Palazzo Chigi. Questo incontro si colloca alla vigilia di una mobilitazione che si preannuncia intensa. Le assemblee recenti hanno visto la partecipazione attiva non solo dei lavoratori diretti, ma anche di quelli che operano tramite appalto all’interno dello stabilimento.
Situazione attuale e preoccupazioni
La situazione attuale dell’ex Ilva è complessa e caratterizzata da una gestione commissariale che ha portato a un incremento preoccupante dei lavoratori in Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS), che sono passati da 3.062 a 4.450. I sindacati denunciano questa situazione come un chiaro segno di una gestione priva di risorse e prospettive. L’assenza di un piano industriale chiaro e coerente è un altro punto critico evidenziato dai rappresentanti sindacali, che chiedono un intervento pubblico “forte e trasparente”.
Il bando di vendita di Acciaierie d’Italia ha suscitato ulteriori preoccupazioni. Sono arrivate dieci offerte, due delle quali riguardano l’intero gruppo da parte di fondi americani. Tuttavia, la trattativa sembra concentrarsi principalmente su Bedrock Industries, che ha presentato un’offerta iniziale di un euro per l’acquisto degli asset, accompagnata da un piano di riduzione drastica del personale. Si stima che il piano potrebbe portare a una riduzione significativa degli addetti, con meno di 3.000 lavoratori rimasti a Taranto rispetto ai 10.700 attuali.
Urgenza di un piano industriale
Di fronte a questa situazione, i sindacati ribadiscono l’urgenza di un piano industriale che integri la tutela del lavoro, la transizione verso la decarbonizzazione e il rilancio produttivo. “No allo spezzatino del gruppo”, affermano in coro, sottolineando che la frammentazione della proprietà e della gestione potrebbe portare a una crisi ancora più profonda.
Valerio D’Alò della segreteria nazionale Fim Cisl ha commentato la convocazione a Palazzo Chigi come un primo passo positivo, frutto delle mobilitazioni e delle assemblee svolte negli ultimi giorni. Tuttavia, il clima all’interno degli stabilimenti è teso, con lavoratori sempre più preoccupati per il loro futuro.
Francesco Brigati, segretario territoriale della Fiom Cgil, ha messo in luce dati allarmanti: a Taranto si parla di circa seimila esuberi, ai quali si devono aggiungere i 1.500 lavoratori di Ilva in Amministrazione Straordinaria e i dipendenti delle aziende appaltatrici. “È una macelleria sociale”, ha affermato, evidenziando la gravità della situazione e la necessità di un intervento immediato.
Davide Sperti, segretario generale della Uilm Taranto, ha avvertito che il nemico più difficile da fronteggiare è la rassegnazione. “Speravamo che la gestione commissariale potesse aprire un nuovo capitolo, ma sembra piuttosto un tragico gioco dell’oca, dove le pedine sono vite umane”, ha dichiarato, mettendo in evidenza la frustrazione dei lavoratori.
Anche il candidato governatore del centrosinistra alla Regione Puglia, Antonio Decaro, ha espresso la sua opinione, sostenendo che “lo Stato deve nazionalizzare l’Ilva, facendosi carico del percorso di decarbonizzazione”. La sua posizione riflette una crescente preoccupazione tra i politici e i cittadini riguardo al futuro dell’acciaieria, che se non affrontato adeguatamente, potrebbe portare a una chiusura definitiva.
L’epicentro della protesta sarà ancora una volta Taranto, dove i sindacati hanno organizzato presidi alle portinerie dalle 6 del mattino. I lavoratori si raduneranno alle 7:30 per un corteo che partirà dallo stabilimento verso Palazzo di Città, dove si svolgerà un sit-in, a patto che le condizioni meteorologiche lo consentano.
“Io e i miei colleghi siamo determinati a far sentire la nostra voce”, hanno affermato i rappresentanti sindacali, sottolineando che la mobilitazione è un atto di riscatto collettivo. “Il futuro è nelle nostre mani, e andremo a conquistarvelo”, hanno concluso, esprimendo la loro determinazione a lottare per un futuro migliore non solo per i lavoratori dell’ex Ilva, ma per l’intera comunità di Taranto.