Un viaggio poetico tra le acque del Tevere e la bellezza di Roma nel ‘Figlio di Giano’

Un viaggio poetico tra le acque del Tevere e la bellezza di Roma nel 'Figlio di Giano'

Un viaggio poetico tra le acque del Tevere e la bellezza di Roma nel 'Figlio di Giano'

Giada Liguori

Ottobre 20, 2025

Alla Festa del Cinema di Roma, Luigi Grispello ha presentato la sua opera seconda, “Figlio di Giano”, un film che si inserisce nel filone del documentario di creazione. L’opera si distingue per la sua capacità di mescolare sapientemente immagini d’archivio, narrazione di un personaggio e una presa diretta su un frammento emotivo della città eterna. Grazie a questo approccio, il film riesce a catturare l’essenza di Roma e la sua complessità, rendendo omaggio a un rito che si ripete ogni anno: il tuffo nel Tevere il giorno di Capodanno.

Il protagonista e il suo viaggio

Il protagonista di questa storia è Marco Fois, un uomo comune, taciturno e mingherlino, che ha preso il testimone da Maurizio Palmulli, il leggendario “Mr. Okey”. Ogni Capodanno, Palmulli, con il suo carisma e la sua presenza scenica, sfidava le acque gelide del fiume, regalando un momento di festa e di adrenalina al pubblico accorso per assistere all’evento. La voce narrante di Giorgio Tirabassi, che interpreta il dio Giano, conferisce una dimensione mitologica al racconto, trasformando il Tevere in un simbolo della vita e della cultura romana.

Il film si apre con una transizione simbolica tra Palmulli e Fois, evidenziando non solo il passaggio del testimone, ma anche l’evoluzione di un rito che affonda le radici nella tradizione. Marco, che in passato era la spalla di Palmulli, si trova ora a dover affrontare il suo destino di tuffatore, diventando lui stesso il protagonista di una leggenda contemporanea. La pellicola segue il suo percorso, mostrando la sua vita quotidiana, i momenti di solitudine e le interazioni con gli amici, il tutto mentre si prepara per il grande tuffo.

La dimensione storica del tuffo

Una delle caratteristiche più affascinanti di “Figlio di Giano” è la sua capacità di evocare il folklore e la storia di Roma. Il tuffo nel Tevere ha origini antiche; già Seneca, ai tempi di Nerone, si tuffava nelle acque fredde del fiume, rendendo il rito un simbolo di sfida e coraggio. Grispello riesce a inserire questa dimensione storica nel suo racconto, creando un legame tra passato e presente. La figura di Giano, il dio bifronte che vigila sull’ingresso e sull’uscita della città, diventa così una metafora perfetta per rappresentare la dualità della vita urbana: la pace e la guerra, la celebrazione e il rischio.

L’estetica visiva e sonora

Un altro elemento che arricchisce la narrazione è la cura nella scelta dei dettagli visivi. Il direttore della fotografia Bernardo Massaccesi riesce a catturare l’atmosfera di Roma, giocando con luci e ombre, bianco e nero, colore e sfumature. La sua arte visiva non solo rende omaggio alla bellezza della città, ma crea anche un contrasto evocativo tra il passato e il presente. Le immagini d’archivio si intrecciano con le riprese attuali, creando un dialogo tra le epoche che rende il racconto ancora più coinvolgente.

La colonna sonora, ispirata ai grandi compositori italiani come Piero Piccioni e Bruno Canfora, accompagna il racconto con una delicatezza che amplifica le emozioni espresse sullo schermo. La musica diventa parte integrante della narrazione, sottolineando i momenti di tensione e di celebrazione, e contribuendo a creare un’atmosfera quasi magica. Il montaggio, curato da Luca Armocida, si distingue per la sua eleganza, riuscendo a fondere le diverse componenti del film in un’armonia visiva e sonora che cattura l’attenzione dello spettatore.

La conclusione del film presenta una suggestiva ripresa di Marco Fois, immerso nel suo mondo, mentre il Tevere scorre in sottofondo. Questo finale aperto invita lo spettatore a riflettere sul significato del tuffo e sul legame che si crea tra l’uomo e il fiume, simbolo di vita e di storia. Inoltre, i titoli di coda meritano una menzione speciale: in poche inquadrature, riescono a sintetizzare l’essenza del viaggio intrapreso da Fois, lasciando un’impressione duratura nel cuore del pubblico.

“Figlio di Giano” non è solo un documentario, ma una vera e propria ode a Roma e al suo fiume, un invito a riscoprire il valore delle tradizioni e la forza del legame tra le persone e il loro territorio. Presentato in un contesto festivo come la Festa del Cinema di Roma, il film riesce a catturare l’anima della città e a celebrarne la bellezza, trasformando un gesto semplice come un tuffo in un atto di coraggio e di poesia.