Rosita Gentile, fashion designer di 57 anni, ha deciso di rompere il silenzio e raccontare la sua travagliata storia con Mario Gregoraci, padre della celebre showgirl Elisabetta Gregoraci, ex moglie del noto imprenditore Flavio Briatore. Dopo dodici anni di una relazione segnata da violenze e abusi, Rosita ha scelto di denunciarlo. Le sue parole, rilasciate al Corriere della Sera, dipingono un quadro drammatico e inquietante di un uomo che, secondo lei, l’ha “rovinata”.
un inizio illusorio
Inizialmente, Rosita descrive Mario come un compagno affettuoso e protettivo. Tuttavia, col passare del tempo, il loro rapporto si è trasformato in un incubo. “Era gelosissimo”, racconta, “e iniziava a scatenare la sua rabbia su di me per motivi futili. Le mie giornate erano un tormento”. Le violenze fisiche che ha subito sono state devastanti. “Mi picchiava così forte che per giorni la mia pelle era piena di lividi”, continua. “Mi strappava i capelli e mi sbatteva la testa. Un energumeno”.
la paura costante
Le minacce di morte sono state parte integrante della sua esperienza. “Ero terrorizzata”, confessa Rosita. “Mi seguiva ovunque, voleva sapere con chi uscivo e chi frequentavo. La paura di lui era costante, e questo mi ha fatto resistere a lungo”. La situazione è diventata insostenibile, e Rosita ha deciso di fuggire in Canada. “Ci sono rimasta tre mesi, ma poi sono tornata perché pensavo che fosse cambiato”, ammette, mostrando un senso di vulnerabilità e speranza. “Apparentemente, sembrava affettuoso, ma ho capito che era solo un’illusione”.
il dramma della gravidanza
Purtroppo, la realtà si è rivelata ben diversa. “Dopo il mio ritorno, ha iniziato a picchiarmi di nuovo, e in modo ancora più violento”, spiega Rosita. Un episodio particolare è stato il giorno in cui ha scoperto di essere incinta. La reazione di Mario è stata devastante. “È andato su tutte le furie e mi ha detto che dovevo liberarmi del bambino perché lui non lo voleva”, racconta. Un momento di grande vulnerabilità per Rosita, che si è trovata di fronte a una scelta dolorosa e straziante.
Rosita afferma che, nonostante le sue intenzioni di portare avanti la gravidanza, è stata vittima di un aborto causato dalla violenza di Mario. “Gli ho detto che non volevo abortire”, afferma con amarezza. “Credevo di poter gestire la situazione, come avevo fatto con la mia prima figlia. Ma un giorno, in preda all’ira, mi ha sbattuto a terra e sono finita contro il bracciolo del divano. Ho quasi perso i sensi mentre lui continuava a oltraggiarmi”. Questa violenza ha avuto conseguenze devastanti, portando alla perdita del bambino.
un nuovo inizio legale
La battaglia legale che ne è seguita ha comportato per Rosita il cambio di due avvocati, poiché non si sentiva adeguatamente supportata. “Ora, grazie all’avvocato Fabio Tino, mi sento più tranquilla”, dice, esprimendo una rinnovata fiducia nel sistema legale. Il gip ha disposto misure di protezione, inizialmente attraverso un divieto di avvicinamento con braccialetto elettronico, poi sostituito con un divieto di dimora per Mario nei comuni di Soverato e Davoli. “Il prossimo 5 novembre ci sarà l’udienza preliminare”, informa Rosita, sottolineando la determinazione con cui sta affrontando questa situazione.
Nonostante Mario Gregoraci abbia querelato Rosita, il tribunale di Catanzaro ha archiviato il procedimento penale su richiesta del pubblico ministero, evidenziando le circostanze particolari della querela, presentata proprio il giorno in cui l’ex compagno riceveva l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare. Questo ha lasciato Rosita con un mix di frustrazione e speranza. “Il mio legale ha presentato una quantità enorme di documenti e riscontri sulle violenze subite”, dice, con un chiaro senso di determinazione.
La storia di Rosita Gentile è un potente richiamo alla realtà delle violenze domestiche, un tema purtroppo ancora troppo presente nella società odierna. La sua denuncia non è solo un atto legale, ma un gesto di coraggio e resilienza. Mentre si prepara per l’udienza, la speranza di Rosita è che la sua testimonianza possa aiutare altre donne che si trovano in situazioni simili a rompere il silenzio e cercare aiuto. La sua voce, ora finalmente ascoltata, è un faro di speranza per chi vive nell’ombra della violenza.