Francesco De Leo, un uomo di 51 anni originario della Puglia, è tragicamente deceduto il 20 ottobre nel carcere Lorusso e Cotugno di Torino. Con un peso di 265 chili, la sua detenzione si è rivelata estremamente difficile. Trasferito a Torino all’inizio del mese da un carcere di Genova, la sua situazione sanitaria era complessa e richiedeva un’attenzione particolare. Nonostante l’adeguamento della struttura con celle unite per le sue necessità, De Leo ha dovuto affrontare la dura realtà di dormire su una branda, in attesa di un letto bariatrico, che è arrivato solo dopo il suo arresto cardiaco. I tentativi di rianimazione sono stati vani.
Francesco era stato condannato a una pena fino al 2040 per truffa aggravata. Originario di Brindisi e residente a Cuneo, i suoi problemi di salute lo avevano costretto a rimanere a lungo in ospedale, poiché le strutture penitenziarie non erano adeguate alle sue condizioni. Dopo un episodio di aggressione in una Residenza Sanitaria Assistenziale, era stato trasferito nel carcere di Marassi a Genova e poi a Torino.
le difficoltà quotidiane di de leo
Le condizioni di De Leo erano critiche. Si muoveva con una carrozzina elettrica, ma non poteva accedere alla sala colloqui, mantenendo i contatti con i familiari solo tramite videochiamate. La mancanza di assistenza adeguata ha aggravato ulteriormente il suo stato di salute. L’avvocato di De Leo, Luca Pace, ha dichiarato: «Il sistema carcere ha dimostrato la propria inadeguatezza nel soddisfare le esigenze primarie di ogni detenuto. È stata una vicenda surreale con un epilogo tragico».
la testimonianza del fratello
Domenico De Leo, il fratello di Francesco, ha espresso il suo dolore per le condizioni di vita del familiare. Ha raccontato che Francesco era sempre solo in cella e non riceveva le cure necessarie, affermando: «Sabato lo avevo sentito, era stanco e non stava prendendo più l’insulina. Dormiva su una branda con un materasso sottilissimo». La mancanza di assistenza sanitaria era evidente: «Lo curavano gli altri detenuti. Non è mai uscito a fare l’ora d’aria, perché nessuno si curava di farlo alzare dal letto».
un problema sistemico
La situazione di Francesco De Leo non è un caso isolato, ma mette in luce le gravi lacune del sistema carcerario italiano, incapace di gestire detenuti con problemi di salute complessi. Nel 2021, De Leo pesava già 160 chili, e nel breve periodo trascorso in regime di domiciliari a Cuneo nel 2024, il suo peso era salito a 260 chili. L’avvocato Pace ha evidenziato che un anno fa il tribunale di sorveglianza aveva stabilito che Francesco non dovesse essere recluso, evidenziando la gravità della sua situazione.
Il caso di Francesco De Leo rappresenta un problema più ampio legato al trattamento dei detenuti in Italia, sollevando preoccupazioni tra esperti di diritti umani. La mancanza di strutture adeguate e personale medico specializzato per gestire casi complessi è una sfida significativa per il sistema penitenziario. Le carceri italiane, già sovraffollate, non riescono a fornire le cure necessarie, lasciando i detenuti vulnerabili e in condizioni di abbandono.
La tragica morte di De Leo ha riacceso il dibattito sulla necessità di riforme nel sistema penitenziario, per garantire che ogni detenuto riceva le cure e l’assistenza necessarie. La questione della salute dei detenuti è urgente e richiede un’attenzione immediata da parte delle autorità competenti. Senza un adeguato intervento, casi come quello di Francesco De Leo rischiano di ripetersi, evidenziando l’insufficienza delle misure attuali e l’importanza di una ristrutturazione del sistema carcerario.