Bellocchio: i compromessi che non possiamo accettare

Bellocchio: i compromessi che non possiamo accettare

Bellocchio: i compromessi che non possiamo accettare

Giada Liguori

Ottobre 25, 2025

Marco Bellocchio, uno dei più importanti cineasti italiani, ha recentemente partecipato alla Festa del Cinema di Roma, dove ha tenuto una masterclass dedicata alla sua opera prima, il capolavoro “I Pugni in tasca”, realizzato nel 1965. Questo film, che ha segnato un’importante tappa nella storia del cinema italiano, compie quest’anno 60 anni e continua a rappresentare un punto di riferimento per le generazioni di cineasti e appassionati di cinema.

Durante l’incontro con Enrico Magrelli e Paolo Mereghetti, Bellocchio ha riflettuto sul suo percorso artistico, sottolineando come nel suo lavoro ci sia sempre stata una distinzione netta tra compromessi accettabili e inaccettabili. “Ho fatto anche delle scelte stravaganti, giudicate pazzesche se non distruttive, che poi sono state rivalutate”, ha dichiarato il regista. “Sono passato attraverso molte stagioni, ma per me c’è un limite al compromesso. Ce ne sono alcuni inaccettabili, altri in cui è possibile difendere la tua linea originale”.

Questa affermazione mette in luce il carattere di Bellocchio come artista: un uomo che, nonostante le sfide e le pressioni dell’industria cinematografica, ha sempre cercato di mantenere la sua integrità creativa. La sua preoccupazione per la qualità e l’autenticità dell’arte riflette una tensione presente in molti artisti contemporanei, che si trovano a dover navigare tra le aspettative commerciali e la necessità di esprimere la propria visione.

la freschezza di “i pugni in tasca”

Bellocchio ha poi parlato di come “I Pugni in tasca” si sia difeso dal tempo. Secondo lui, la dimensione poco realistica e “non neorealistica” del film ha contribuito a mantenerne la freschezza. Il racconto, che si intreccia con il riflesso della contestazione giovanile e degli albori del ’68, rappresenta un momento di rottura e di sfida. “Penso abbia colpito per il modo in cui si esprimevano il furore e la rabbia”, ha affermato, riferendosi al protagonista, Lou Castel, le cui azioni estreme sorprendono ancora oggi. La famosa scena in cui il giovane protagonista butta la madre nel burrone è emblematica: un atto di ribellione che incarna la disperazione di una generazione in cerca di risposte e di cambiamento.

influenze artistiche e scelte audaci

Bellocchio ha riconosciuto l’influenza della Nouvelle Vague, ma ha anche evidenziato la sua preferenza per un cinema più classico, citando il regista Alain Resnais come uno dei suoi preferiti. “Avevo più una formazione letteraria. Era quello il mio punto di partenza, ma anche il surrealismo, quindi Bunuel”, ha spiegato, rivelando così un’ispirazione che va oltre il semplice cinema e abbraccia la letteratura e l’arte visiva.

Uno degli aspetti che colpisce di Bellocchio è la sua capacità di rimanere ancorato alla realtà, anche quando si confronta con scelte artistiche audaci. “Posso aver fatto moltissimi sbagli ma non ho mai fatto scelte solo per lo stile”, ha affermato, sottolineando la sua dedizione a raccontare storie autentiche e significative.

sguardo al futuro del cinema

Nel corso dell’incontro, Bellocchio ha anche accennato a un progetto futuro su Sergio Marchionne, l’ex amministratore delegato di Fiat Chrysler Automobiles, una figura controversa e carismatica che ha segnato l’industria automobilistica mondiale. “Non so se lo farò”, ha commentato inizialmente. Tuttavia, ha poi aggiunto che il progetto su Marchionne è complesso e che vorrebbe anche realizzare film più piccoli e personali, come “Marx può aspettare”, che rappresenta un racconto intimo e profondo sulla sua vita.

Riflettendo sull’evoluzione del cinema, Bellocchio ha notato come l’accesso ai mezzi di produzione sia cambiato radicalmente grazie alle nuove tecnologie. “Oggi questo tipo di democrazia dei mezzi, il fatto che tutti possano fare film, quando ho iniziato io era inimmaginabile”, ha dichiarato. Con l’avvento dell’intelligenza artificiale, il regista ha messo in guardia sulla possibilità di confondere realtà e finzione, una preoccupazione che si fa sempre più attuale nell’era digitale.

La masterclass di Bellocchio non è stata solo un’occasione per riflettere sulla sua opera, ma anche un invito a considerare il futuro del cinema e l’importanza di mantenere viva la discussione su cosa significhi essere un cineasta oggi. Con il suo approccio diretto e la sua visione chiara, Bellocchio continua a ispirare e a sfidare le nuove generazioni di artisti a perseguire la loro verità, anche quando il compromesso sembra l’unica strada percorribile.