Milano, 6 giugno 2024 – Gli smart worker italiani tornano a crescere. L’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano ha pubblicato oggi i dati che confermano: nel 2024 sono circa 3,575 milioni le persone che lavorano, almeno in parte, da remoto. Un aumento dello 0,6% rispetto al 2023, che interrompe il lieve calo dell’anno scorso e riapre il dibattito sulla trasformazione del lavoro nel nostro Paese.
La Pubblica Amministrazione spinge lo smart working
È il settore pubblico a guidare questa ripresa. Nel mondo della Pubblica Amministrazione, infatti, si registra un balzo dell’11%: oggi sono 555 mila i dipendenti pubblici che lavorano in modalità agile, pari al 17% del totale. Secondo gli esperti del Politecnico, questo salto riflette sia le nuove norme sia una maggior apertura verso modelli più flessibili. Il fenomeno è più evidente negli uffici centrali e nelle grandi città. A Roma, per esempio, diversi ministeri hanno rafforzato le regole interne per permettere almeno due giorni di lavoro agile a settimana.
Le grandi aziende puntano sull’ibrido
Nelle grandi imprese private la crescita è più moderata ma continua: +1,8% rispetto all’anno passato. Oggi il 53% dei dipendenti in aziende con più di 250 addetti lavora almeno in parte da casa, per un totale di quasi 2 milioni di persone. “Il modello ibrido è ormai una realtà consolidata”, spiega Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio. “Ci sono progetti strutturati e linee guida chiare che regolano tempi e modi”. A Milano e Torino, per esempio, si alternano giorni in ufficio e giorni da remoto, con orari flessibili e spazi condivisi che stanno rivoluzionando gli ambienti di lavoro tradizionali.
Le piccole imprese vanno in direzione opposta
La situazione cambia nelle piccole e medie imprese. Qui lo smart working è in calo: -7,7% nelle PMI e -4,8% nelle microimprese. In numeri assoluti, solo l’8% dei lavoratori di queste aziende lavora da remoto. Secondo l’Osservatorio, il motivo principale è la struttura organizzativa più rigida e la scarsità di strumenti digitali. “Nelle aziende con meno di 50 dipendenti”, racconta un imprenditore brianzolo che ha preferito restare anonimo, “la presenza fisica è fondamentale. È complicato gestire la produzione o i clienti a distanza”.
Policy formali diffuse, ma non ovunque
Un altro dato interessante riguarda le policy sullo smart working. Nelle grandi aziende, il 95% ha già adottato regole chiare e progetti strutturati (dato stabile rispetto al 2023). Nella Pubblica Amministrazione la percentuale sale al 67%, con un aumento di sei punti rispetto all’anno scorso. In genere, si tratta di regole precise su orari, strumenti digitali e obiettivi da raggiungere.
Diversa la situazione nelle PMI: solo il 45% ha avviato iniziative di smart working, otto punti in meno rispetto al 2023, spesso gestite in modo informale. “Da noi si decide caso per caso”, ammette una responsabile del personale di una ditta metalmeccanica di Padova. “Dipende dal tipo di lavoro e dal rapporto di fiducia tra capo e dipendente”.
Tra entusiasmo e dubbi
I lavoratori mostrano reazioni diverse. Chi lavora da remoto apprezza la flessibilità e la possibilità di conciliare meglio vita privata e lavoro. “Posso accompagnare mio figlio a scuola senza correre”, confida una funzionaria comunale di Bologna. Ma non mancano le difficoltà: molti lamentano isolamento o problemi a separare il tempo di lavoro da quello di riposo.
Secondo Mariano Corso, “il futuro sarà sempre più ibrido, ma serve attenzione a mantenere buone relazioni e a migliorare le competenze digitali”. Solo così, sottolinea, “lo smart working potrà diventare davvero uno strumento di innovazione”.
Un’Italia divisa in due
Il quadro che emerge dall’Osservatorio del Politecnico racconta un’Italia a due velocità. Da un lato, grandi aziende e Pubblica Amministrazione che puntano su modelli agili. Dall’altro, le PMI che restano legate al lavoro in presenza. Nei prossimi mesi la sfida sarà trovare un equilibrio tra le esigenze delle imprese e il benessere dei lavoratori. Per ora, i numeri sono chiari: lo smart working non è più una parentesi di emergenza, ma una realtà destinata a restare, anche se con molte sfumature.
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