Milano, 5 giugno 2024 – Il petrolio perde terreno per il terzo giorno di fila. Gli operatori guardano con attenzione a un possibile eccesso di offerta, mentre pesano le nuove sanzioni Usa contro la Russia. A Piazza Affari e nelle principali borse del mondo, il clima resta teso. Il WTI ha chiuso in calo dell’1,5%, a 60,37 dollari al barile. Stessa percentuale per il Brent, che ha chiuso a 64,62 dollari.
Sanzioni e surplus: il petrolio resta in bilico
Charu Chanana, responsabile investimenti di Saxo Markets a Singapore, parla di un cambio di passo nel mercato: “Si è passati dalla paura di un surplus al rischio di interruzioni nelle forniture”. Fino a pochi giorni fa, il timore era che l’offerta superasse la domanda, soprattutto con le scorte globali in aumento e la Cina che fatica ancora a ripartire.
Ora, invece, sono le sanzioni contro Mosca a spostare l’attenzione. Queste misure colpiscono direttamente le esportazioni russe e potrebbero cambiare gli equilibri. “Il mercato si chiede se vedremo subito effetti sulle forniture”, ha detto Chanana a Bloomberg. Non è la prima volta che le sanzioni agitano il mercato energetico: già nel 2022, dopo l’invasione dell’Ucraina, il prezzo del petrolio aveva fatto registrare forti oscillazioni.
I dati e la reazione dei mercati
Il WTI ha aperto in leggero calo, poi ha accelerato la discesa durante la mattinata. Alle 15.30, il prezzo era già sotto i 61 dollari. Il Brent ha seguito lo stesso andamento. Gli operatori hanno messo sotto la lente i dati sulle scorte Usa, che hanno sorpreso in negativo. L’EIA ha segnalato un aumento di 2,1 milioni di barili nell’ultima settimana, più del previsto.
Questo ha rafforzato l’idea di un’offerta abbondante, almeno nel breve termine. Ma le sanzioni restano un’incognita. “Il mercato è nervoso”, ha ammesso un trader a Londra, contattato poco dopo le 16. “Basta una notizia in più o in meno e tutto può cambiare”.
Geopolitica e domanda: cosa ci aspetta
Gli analisti mantengono la prudenza. L’OPEC+ non sembra pronta a tagliare la produzione: l’Arabia Saudita ha confermato i livelli attuali fino al vertice di luglio. Sul fronte della domanda, la ripresa è ancora debole. La Cina, secondo importatore mondiale, continua a consumare meno del previsto, frenata da una crescita economica lenta.
In questo quadro, gli effetti delle sanzioni Usa alla Russia potrebbero farsi sentire solo nelle prossime settimane. “Per ora, il mercato teme di più l’eccesso di offerta che eventuali interruzioni”, spiega un analista di Goldman Sachs. Ma la situazione resta delicata: un’escalation in Ucraina o nuove restrizioni potrebbero ribaltare tutto in fretta.
Investitori in allerta
Nel tardo pomeriggio, tra Milano e Londra, gli operatori hanno continuato a seguire le notizie da Washington e Mosca. Nei desk delle grandi banche, tra una telefonata e l’altra, si è parlato delle prossime mosse dell’OPEC e delle reazioni dei mercati asiatici. “Non è un momento facile”, confida un gestore milanese poco prima delle 18. “Ogni giorno arriva un motivo in più per stare con i piedi per terra”.
Nel frattempo, sul monitor il Brent continuava a oscillare intorno ai 64 dollari. Un segnale chiaro della volatilità che caratterizza queste settimane.
