Roma, 28 giugno 2024 – Dal 30 ottobre arriva nelle sale italiane, distribuito da Mubi, “The Mastermind”, l’ultimo film di Kelly Reichardt. La pellicola racconta un furto d’arte realmente accaduto negli Stati Uniti nei primi anni Settanta. Josh O’Connor, già applaudito a Cannes, è il protagonista: interpreta J.B. Mooney, ex studente d’arte e padre di famiglia coinvolto in un colpo destinato a cambiare la sua vita.
Il colpo che scosse una provincia americana
La vicenda si ispira a un episodio del 1972 al Worcester Art Museum, in Massachusetts. Due uomini armati rubarono quattro quadri – tra cui opere di Gauguin, Picasso e un allievo di Rembrandt – e spararono a una guardia. Dopo circa un mese, tutte le tele furono recuperate. Ma il caso fece scalpore e rimase impresso nella memoria della provincia americana. Reichardt, regista di culto del cinema indipendente Usa, ha detto: “Ho preso spunto dall’antieroe tipico della Nouvelle Vague, un bell’uomo che vive per sé. Mi chiedevo come sarebbe oggi un personaggio così, se ancora susciterebbe interesse”.
Tra famiglia e illegalità: il volto di Mooney
Il film si svolge in una cittadina del Massachusetts nei primi anni Settanta, tra la guerra in Vietnam e le prime ombre del Watergate. Mooney è un falegname senza lavoro, sposato con Terri (Alana Haim) e padre di due figli. La sua vita, fatta di piccoli trucchi e bugie, si spezza quando decide di organizzare un furto nel museo locale insieme a due complici abituali. “È così preso da sé che ignora il disastro intorno a lui”, ha spiegato Reichardt. “Vive chiuso nel suo mondo e cerca solo di arricchirsi”.
Bugie e crisi: uno specchio del presente
La regista, già nota per “Wendy e Lucy” e “Showing Up”, sottolinea come il protagonista sia un uomo che mente senza sosta, cieco davanti al crollo morale della società. “Oggi vediamo come, a forza di bugie, si possa arrivare anche alla presidenza”, ha detto, lasciando intendere un richiamo all’attualità americana. L’ambientazione negli anni Settanta non è casuale: “Quel periodo era in grande fermento, diviso, proprio come oggi. Non pensavo a fare paralleli mentre giravo, ma si vedono”. Poi una riflessione personale: “Non avrei mai immaginato di vedere la Guardia nazionale in città come Chicago o Portland, dove abito”.
Josh O’Connor, un volto dalle mille sfumature
La scelta di O’Connor è nata quasi per caso. Reichardt lo aveva notato in “La terra di Dio” e “The Crown”, colpita dalla sua capacità di trasformarsi. “All’inizio non avevo neanche capito che fosse lo stesso attore. Sa essere così diverso; ha un volto senza tempo ed è molto fisico”. L’incontro decisivo è avvenuto a New York: “Ho capito subito che era anche divertente. Per me è importante lavorare con chi resta ancorato alla realtà ma sa creare tante immagini diverse. Josh è così”.
Un cast solido e una regia attenta all’intimità
Oltre a O’Connor, nel cast ci sono Alana Haim, Gaby Hoffmann, John Magaro, Hope Davis e Bill Camp. Reichardt resta fedele al suo stile: cura dei dettagli di tutti i giorni, uno sguardo intimo sui personaggi e una narrazione che riflette le tensioni sociali dell’epoca. Sullo sfondo, la provincia americana degli anni Settanta – con le sue strade polverose, i bar silenziosi e le case di legno – diventa il teatro di una storia che parla anche al presente.
Durante una pausa dalle riprese, O’Connor si è fermato davanti all’ingresso storico del museo di Worcester. Ha sorriso piano, stringendo una tazza di caffè caldo. “Qui dentro c’è tutta la polvere dei sogni americani”, ha sussurrato, quasi per sé.
