Tripoli, 14 giugno 2024 – Diciotto persone hanno perso la vita questa mattina al largo di Sabratha, sulla costa occidentale della Libia. Un’imbarcazione diretta verso l’Europa è affondata, strappando via queste vite nel silenzio del mare. A dare l’allarme è stata la ong Refugees in Libya, che ha pubblicato su X alcune immagini forti: corpi senza vita sulla spiaggia e il relitto capovolto tra le onde. Le prime ricostruzioni parlano di migranti in fuga dalle condizioni disperate dei centri di detenzione libici.
Naufragio a Sabratha: cosa sappiamo finora
Il tragico evento sarebbe avvenuto nelle prime ore del mattino, a poche miglia dalla costa. Sabratha è nota come uno dei punti più frequentati per tentare la traversata verso l’Italia, spesso a costo della vita. Al momento non ci sono dati certi sul numero esatto di persone a bordo né sull’identità delle vittime. Le autorità locali, secondo fonti della polizia libica, hanno recuperato i corpi sulla spiaggia poco dopo l’alba. Pescatori del posto, presenti durante le operazioni, hanno raccontato di aver visto i resti dell’imbarcazione galleggiare tra le onde, insieme a effetti personali sparsi.
La ong accusa: “L’Europa non può più girarsi dall’altra parte”
Refugees in Libya ha duramente criticato le politiche europee sulla migrazione. “La cosiddetta sicurezza in Europa continua a uccidere”, si legge nel loro comunicato. L’organizzazione punta il dito contro l’Unione Europea, accusata di non offrire vie sicure e di finanziare milizie e gruppi violenti che compiono crimini contro l’umanità in Libia e Tunisia. Un’accusa pesante, che riapre il dibattito sulle responsabilità politiche e morali dei Paesi europei nel controllo delle frontiere del Mediterraneo.
Partenze in aumento, condizioni sempre più disperate
Negli ultimi mesi, le partenze dalla Libia sono tornate a salire, secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM). Solo nel 2024, più di 6.000 persone hanno cercato di raggiungere l’Italia partendo dalle coste libiche. Il tratto di mare tra Libia e Sicilia resta uno dei più pericolosi al mondo. Dall’inizio dell’anno, almeno 800 migranti risultano dispersi o morti lungo questa rotta, stima l’OIM. I centri di detenzione libici, spesso denunciati da organizzazioni umanitarie e Nazioni Unite, versano in condizioni drammatiche: sovraffollamento, violenze, assenza di assistenza medica.
Silenzi e poche parole dalle istituzioni
Finora non sono arrivate dichiarazioni ufficiali né dalle autorità italiane né da quelle europee. Solo alcune ong hanno preso posizione sull’accaduto. “Queste morti sono il risultato diretto delle politiche europee”, ha detto Riccardo Gatti, responsabile delle operazioni di Open Arms nel Mediterraneo centrale. Sui social, molti attivisti hanno rilanciato le immagini pubblicate da Refugees in Libya: fotografie crude, che mostrano la sabbia scura della spiaggia di Sabratha e i corpi distesi in silenzio.
Soccorsi e finanziamenti: un nodo ancora irrisolto
Negli ultimi anni, l’Unione Europea ha stretto accordi con la Guardia costiera libica per frenare le partenze. Ma, secondo un rapporto di Human Rights Watch uscito a maggio, i soldi europei hanno potenziato le capacità operative delle autorità libiche senza assicurare il rispetto dei diritti umani. “L’Europa continua a stringere la sua presa sulla pelle dei più vulnerabili”, scrive ancora la ong libica.
Una tragedia che si ripete, senza soluzioni all’orizzonte
Il naufragio di oggi si aggiunge a una lunga serie di incidenti simili lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Solo il mese scorso, due barconi sono affondati tra Zuwara e Lampedusa, con decine di morti. “Prima o poi l’Europa dovrà rispondere delle sue azioni”, conclude Refugees in Libya. Intanto, sulla spiaggia di Sabratha, restano i segni di un’altra tragedia che, almeno per ora, non trova risposta né speranza.
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