Appello per Filippo Turetta: la procura chiede aggravanti per le 75 coltellate a Giulia Cecchettin

Appello per Filippo Turetta: la procura chiede aggravanti per le 75 coltellate a Giulia Cecchettin

Appello per Filippo Turetta: la procura chiede aggravanti per le 75 coltellate a Giulia Cecchettin

Matteo Rigamonti

Ottobre 29, 2025

Venezia, 10 giugno 2024 – Filippo Turetta tornerà in tribunale il 14 novembre a Mestre per l’appello, nonostante lui stesso avesse rinunciato a impugnare la sentenza di primo grado. La Procura generale di Venezia, però, ha deciso di fare ricorso. Vuole che vengano riconosciute le aggravanti di crudeltà e stalking nel caso dell’omicidio di Giulia Cecchettin, uccisa l’11 novembre 2023 a Fossò. La notizia, confermata da fonti giudiziarie, è stata rilanciata dal Corriere del Veneto e dal Gazzettino.

La Procura spinge per aggravanti decisive

La Procura ha preso questa strada dopo che Turetta, 22 anni, di Torreglia, aveva scritto alla Corte d’Assise di Venezia per rinunciare all’appello, accettando l’ergastolo senza chiedere attenuanti. Ma il procuratore Federico Prato e il sostituto Pasquale Mazzei hanno deciso di andare avanti lo stesso. Vogliono che la corte riconosca la crudeltà e lo stalking, aggravanti escluse nel processo di primo grado il 3 dicembre scorso.

Turetta era stato condannato all’ergastolo per omicidio volontario con premeditazione e per il rapporto affettivo con la vittima, oltre che per sequestro di persona e occultamento di cadavere. Ora la Procura vuole una condanna più pesante, sostenendo che le 75 coltellate inferte a Giulia Cecchettin dimostrano una crudeltà spietata. E che il suo comportamento persecutorio prima dell’omicidio configura lo stalking.

Cosa cambia davvero con l’appello

La pena non cambierà: l’ergastolo resta il massimo previsto dalla legge italiana. Però, riconoscere le aggravanti ha un valore importante, sia simbolico che legale. “Non si tratta solo di anni di carcere – spiega l’avvocato Nicodemo Gentile, legale della famiglia Cecchettin – ma di dare un nome preciso alla violenza subita da Giulia”. La famiglia, assistita anche dagli avvocati Stefano Tigani e Piero Coluccio, si è costituita parte civile fin dall’inizio.

Il processo di appello si terrà nell’aula bunker di Mestre, davanti alla Corte d’Assise d’Appello presieduta da Michele Medici. Saranno presenti i rappresentanti dell’accusa e i difensori di Turetta, il professor Giovanni Caruso e l’avvocata Monica Cornaviera. Anche gli avvocati della famiglia Cecchettin ci saranno: “Siamo pronti a difendere ancora una volta la memoria di Giulia”, dicono.

Un caso che ha scosso il Paese

L’omicidio di Giulia Cecchettin ha colpito profondamente l’opinione pubblica italiana. La giovane è stata uccisa l’11 novembre 2023 a Fossò, in provincia di Venezia. Il corpo è stato trovato qualche giorno dopo in una zona isolata del Bellunese. Le indagini hanno portato rapidamente all’arresto di Turetta, ex fidanzato della vittima, fermato in Germania dopo una breve fuga.

Nel primo processo la Corte ha riconosciuto la premeditazione e il legame affettivo come aggravanti, ma ha escluso crudeltà e stalking. Una decisione che ha sollevato dibattiti tra esperti e associazioni contro la violenza sulle donne. “Riconoscere queste aggravanti sarebbe un segnale forte per tutte le vittime”, aveva detto nei mesi scorsi la presidente di Telefono Rosa.

L’attesa per l’appello di novembre

L’udienza d’appello è fissata per il 14 novembre 2024. Sarà il momento in cui la Corte deciderà se accogliere le richieste della Procura o confermare la sentenza di primo grado. Fonti giudiziarie non escludono che possano emergere nuove testimonianze o approfondimenti tecnici sull’omicidio.

Turetta è ora in isolamento nel carcere di Verona Montorio. Dopo la condanna non ha rilasciato dichiarazioni pubbliche. I suoi avvocati ribadiscono che lui “ha accettato la sentenza”, ma si preparano comunque a difendere la sua posizione anche in appello.

La famiglia Cecchettin aspetta con calma. “Non cerchiamo vendetta – ha detto il padre di Giulia in una breve dichiarazione – ma giustizia piena per nostra figlia”. Un processo che torna a mettere sotto i riflettori la violenza sulle donne e le risposte della giustizia italiana.

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