Garlasco: il mistero dei fondi agli avvocati nell’inchiesta di corruzione

Garlasco: il mistero dei fondi agli avvocati nell'inchiesta di corruzione

Garlasco: il mistero dei fondi agli avvocati nell'inchiesta di corruzione

Matteo Rigamonti

Ottobre 29, 2025

Milano, 6 giugno 2024 – Nuovi sviluppi nell’inchiesta per corruzione legata al caso Garlasco: i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano hanno raccolto testimonianze e documenti che fanno luce sui rapporti tra la famiglia di Andrea Sempio, i suoi avvocati e l’ex comandante dei carabinieri Silvio Sapone. Tra dicembre 2016 e gennaio 2017, secondo gli atti, sarebbero stati dati contanti agli avvocati in cambio di materiali riservati dell’indagine. Emergenze che mettono in dubbio le versioni date dai protagonisti, in contrasto con quanto emerso dagli accertamenti.

Soldi in contanti agli avvocati per i documenti

«Intorno al 27 o 28 dicembre 2016, mia madre ha chiesto al mio marito 2.000 euro in contanti». Così Daniela Ferrari, madre di Andrea Sempio, ha raccontato ai carabinieri durante un interrogatorio. La sua testimonianza è contenuta in un’informativa dettagliata della Squadra omicidi. La famiglia Sempio sostiene che quei soldi siano stati dati agli avvocati Federico Soldani e Simone Grassi per ottenere documenti utili alla difesa. Ma in un’intervista al Tg1, Grassi aveva detto che lui e il collega non avevano ricevuto soldi, ma solo “visibilità mediatica”. Un punto su cui i carabinieri stanno concentrando l’indagine, visto il netto contrasto tra le due versioni.

Silvio Sapone nel mirino, le chiamate che smentiscono

Nel mezzo della vicenda c’è anche Silvio Sapone, ex comandante dei carabinieri alla procura di Pavia, già perquisito nell’ambito dell’inchiesta che coinvolge l’ex procuratore Mario Venditti. Sapone doveva trascrivere le intercettazioni tra Andrea Sempio e il padre Giuseppe, ma per gli investigatori avrebbe omesso di riportare alcune conversazioni in cui si parlava di “carte” ottenute e pagamenti in nero. «Io non ho mai parlato con Sempio e non conosco la famiglia Sempio», ha detto Sapone agli inquirenti. Peccato che nel telefono di Sempio sia stata trovata una sua utenza, e dai tabulati risulta che il 21 gennaio 2017, tra le 10:33 e le 12:46, Sapone avrebbe provato a chiamare Sempio quattro volte. Per i carabinieri, questa sequenza di chiamate smentisce chiaramente la versione dell’ex comandante.

Documenti riservati in mano alla famiglia Sempio

Durante le perquisizioni del 14 maggio 2025, gli investigatori hanno trovato nella disponibilità della famiglia Sempio documenti riservati, tra cui materiale usato nell’esposto di Elisabetta Ligabò, madre di Alberto Stasi. Secondo i carabinieri, quei documenti sarebbero stati ottenuti senza alcuna autorizzazione legale. Il generale Luciano Garofano, ex comandante del Ris di Parma e consulente per la famiglia Sempio, ha detto agli inquirenti di aver ricevuto il materiale dagli avvocati Soldani e Grassi. «L’11 gennaio 2017 mi è arrivata via mail la prima parte della documentazione», ha spiegato durante l’interrogatorio. Tra i file, elaborazioni sul materiale preso dalle unghie di Chiara Poggi e relazioni di consulenti come Matteo Fabbri e Pasquale Linarello.

Il prelievo del Dna e la fattura pagata

Garofano ha anche fatto un prelievo salivare ad Andrea Sempio per una comparazione genetica. «Il 27 gennaio ho ricevuto una mail dall’avvocato Soldani che mi chiedeva di confrontare il profilo del tampone con quello ottenuto dalla società investigativa», ha ricordato. La comparazione ha confermato la corrispondenza del cromosoma Y, ma questo dato non è mai finito nella relazione ufficiale. Il 2 aprile 2017, dopo l’archiviazione del procedimento, Garofano ha inviato la fattura ad Andrea Sempio; due giorni dopo il giovane ha pagato con un bonifico.

Dubbi sulla regolarità dei documenti

In una mail all’avvocato Soldani, e poi anche via WhatsApp, Garofano ha chiesto spiegazioni sulla provenienza della documentazione: «Mi chiedevo se quei documenti fossero in possesso legale o coperti da segreto». Dal legale però non è mai arrivata risposta. Un dettaglio che pesa molto nel quadro delle indagini coordinate dalla pm Claudia Moregola della procura di Brescia.

Consulenza mai depositata, nuovi dubbi

Garofano ha raccontato di essere stato contattato dall’avvocato Lovati per depositare la consulenza del 2017. «Mi sono opposto – ha detto – perché quella consulenza andava aggiornata, anche alla luce di nuove ricerche». Un passaggio che apre nuovi interrogativi su come sono stati gestiti gli atti difensivi nel caso Garlasco.

L’inchiesta è ancora aperta. Gli investigatori stanno controllando i movimenti di denaro e l’origine dei documenti riservati, mentre le versioni dei protagonisti continuano a mostrare punti oscuri e contraddizioni.