Trieste, 7 giugno 2024 – Per la prima volta nei laboratori di Trieste è stato creato un cristallo bidimensionale di ossido di boro, un materiale che apre la strada a nuove possibilità per vetri e smalti ultra-resistenti, ma anche per l’elettronica avanzata e le tecnologie quantistiche. La scoperta, pubblicata oggi su Science, è frutto di un gruppo internazionale guidato dall’Istituto Officina dei Materiali del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Trieste e dall’Università di Trieste, con la collaborazione del centro di ricerca Elettra Sincrotrone Trieste.
Un materiale mai visto prima: la svolta di Trieste
Fino a qualche settimana fa, l’idea di un cristallo bidimensionale di ossido di boro era solo teoria. Ora, invece, è realtà. “Abbiamo trovato la ‘ricetta’ per farlo e siamo riusciti anche a studiarne le caratteristiche principali”, spiega Alessandro Sala, coordinatore del progetto per il Cnr-Iom. Con lui, la professoressa Maria Peressi dell’Università di Trieste ricorda come sia stata una sfida portata avanti insieme a ricercatori internazionali, compresi alcuni dall’Austria.
Il nuovo materiale si presenta come una maglia porosa di atomi di boro e ossigeno, spessa un solo atomo. “Le nostre simulazioni mostrano che è il materiale più elastico mai visto a questo livello: è dieci volte più flessibile del grafene”, racconta Peressi. Un dettaglio che ha colpito il team è la struttura stessa: i “mattoncini” rigidi sono uniti da un atomo di ossigeno che funge da cardine, permettendo rotazioni e dando al materiale una flessibilità sorprendente.
Dalla teoria alla realtà: la luce del sincrotrone svela la struttura
Per capire come fosse fatto questo nuovo ossido di boro bidimensionale, i ricercatori hanno usato la luce del sincrotrone. “Senza questa tecnologia non saremmo mai riusciti a vedere la disposizione degli atomi con così tanta precisione”, dice Andrea Locatelli di Elettra Sincrotrone Trieste, uno degli autori dello studio.
“In questo modo – aggiunge Laerte Patera, co-autore e docente all’Università di Innsbruck – possiamo vedere dove si trova ogni singolo atomo nella rete cristallina”. Questo risultato apre la porta a una conoscenza più profonda delle caratteristiche meccaniche e chimiche del materiale.
Cosa potrà fare il nuovo cristallo: vetri, elettronica e oltre
Le possibilità per questo cristallo di ossido di boro sono tante. La sua struttura resistente e flessibile lo rende ideale per fare vetri e smalti che durano di più, capaci di resistere meglio agli urti e all’usura. Ma non è tutto: le sue proprietà elettroniche lo rendono un candidato ideale anche per dispositivi elettronici all’avanguardia e applicazioni nelle tecnologie quantistiche.
“Stiamo già parlando con aziende interessate”, rivela uno dei ricercatori triestini. La comunità scientifica internazionale ha già mostrato grande interesse: la pubblicazione su Science ha attirato l’attenzione di molti gruppi che studiano materiali bidimensionali.
La ricerca italiana fa un salto in avanti
Il risultato di Trieste conferma il ruolo di primo piano dell’Italia nella ricerca sui materiali innovativi. “Questo dimostra come la collaborazione tra istituti pubblici, università e centri di ricerca possa portare a scoperte concrete”, sottolinea Sala. Ora il team sta lavorando per produrre quantità maggiori del materiale e testarlo sul campo.
Per ora, il nuovo cristallo bidimensionale di ossido di boro resta una novità da laboratorio. Ma le sue applicazioni – dai vetri super-resistenti all’elettronica quantistica – potrebbero diventare realtà nei prossimi anni. E Trieste si conferma ancora una volta un punto di riferimento nella scienza dei materiali.
