Roma, 7 giugno 2024 – Un canale Telegram che porta il nome di Andrea Dipré, noto personaggio del web, è finito di nuovo nel mirino dell’Associazione Meter. Questa volta la denuncia riguarda la diffusione di materiale pedopornografico, revenge porn e lo scambio illegale di foto. Da almeno sei anni, racconta Meter, il gruppo resta attivo nonostante le segnalazioni alle autorità. Il canale usa il nome di Dipré, che però non ha alcun legame diretto con questa attività. È un caso che mette in luce quanto sia difficile combattere i crimini digitali contro minori e donne.
Una rete studiata per sfuggire ai controlli
L’Associazione Meter ha ricostruito il funzionamento del gruppo Telegram. Si tratta di un sistema a due livelli: una pagina di accesso che sembra innocua e il vero canale dove circola il materiale illegale. Così gli amministratori riescono a evitare i blocchi. Quando la chat principale viene chiusa, ne aprono subito un’altra, accessibile in pochi minuti proprio dalla pagina iniziale, che non viene mai cancellata. “Nonostante le nostre denunce, anche pubbliche, da sei anni il gruppo resta attivo e continua a diffondere materiale criminale che danneggia i minori”, spiega un portavoce di Meter.
Il mercato nero digitale: tra revenge porn e pedopornografia
Dentro la chat, che può arrivare a picchi di 2mila messaggi all’ora, gli utenti, protetti da nickname spesso senza senso, si scambiano foto di donne senza consenso, immagini di minori e richieste esplicite di materiale illegale. Il gruppo ha creato un linguaggio tutto suo per indicare i contenuti: per esempio, chi cerca materiale pedopornografico segnala l’età delle vittime usando le ultime due cifre dell’anno di nascita. Non è tutto: si passano link ad altri gruppi dedicati alla pedopornografia o allo stupro, siti che sfruttano l’intelligenza artificiale per creare immagini di nudo e raccolte ottenute attraverso revenge porn.
Sottogruppi e servizi esterni: una rete difficile da spezzare
Dal canale principale partono collegamenti a servizi esterni, spesso a pagamento. Ci sono sottogruppi dove si condividono video rubati da sistemi di sorveglianza o si spiegano metodi per violare chat private. Gli amministratori cambiano spesso i link per sfuggire ai controlli delle piattaforme e delle forze dell’ordine. “Il fenomeno è in crescita – ammette un operatore di Meter – e la facilità con cui questi gruppi si ricostituiscono rende ogni intervento molto complicato”.
Andrea Dipré: “Non c’entro nulla”
Contattato dalla nostra redazione, Andrea Dipré ha preso le distanze dal canale che usa il suo nome. “Il mio nome viene usato un po’ ovunque, sono abituato. Ma con questo gruppo e con quello che fanno non ho nulla a che vedere”, spiega l’ex avvocato, oggi impegnato in un percorso di riabilitazione. Pur condannando la pedofilia, Dipré ha detto di non voler fare nulla per togliere il suo nome dal canale: “Mi fa piacere che si usi la mia immagine, nel bene o nel male, l’importante è che se ne parli”. Una posizione che lascia perplessi, soprattutto considerando la gravità dei contenuti.
Indagini in salita e appello per un intervento più deciso
Per Meter, la sopravvivenza di questo gruppo Telegram è una sconfitta per il sistema di controllo online. Nonostante le segnalazioni alla Polizia Postale e ad altre autorità, il canale continua a riapparire sotto nuove forme. “Serve un coordinamento internazionale più efficace”, sottolinea l’associazione, che chiede strumenti più forti per fermare la diffusione di materiale illegale sul web. Nel frattempo, le vittime restano esposte: soprattutto donne e minori, coinvolti in una rete che sembra sfuggire a ogni tentativo di chiuderla definitivamente.
Un fenomeno in aumento, serve una nuova strategia
Il caso del canale Telegram legato ad Andrea Dipré richiama l’attenzione su un fenomeno che continua a espandersi. Le piattaforme digitali sono terreno fertile per abusi difficili da controllare e fermare. “La tecnologia corre più veloce delle leggi”, confida un esperto di sicurezza informatica. Solo allora si capirà quanto sia urgente mettere in campo strumenti più efficaci per proteggere le vittime nel mondo digitale.
