Sesso in carcere: detenuta di Rebibbia a processo per atti osceni davanti al figlio minorenne

Sesso in carcere: detenuta di Rebibbia a processo per atti osceni davanti al figlio minorenne

Sesso in carcere: detenuta di Rebibbia a processo per atti osceni davanti al figlio minorenne

Matteo Rigamonti

Novembre 1, 2025

Roma, 21 giugno 2024 – Una detenuta di 37 anni del carcere di Rebibbia è comparsa ieri in tribunale a Roma con l’accusa di atti osceni in luogo pubblico. Il motivo? Era stata sorpresa mentre faceva sesso con il marito durante un colloquio, e con loro c’era anche il figlio minorenne. È successo il 19 settembre 2024, nella sala colloqui dell’istituto penitenziario romano. Gli agenti della polizia penitenziaria sono intervenuti subito e hanno denunciato la coppia. Solo ora la vicenda è venuta alla luce e ha riacceso il dibattito su come vengono gestiti gli incontri familiari nelle carceri italiane.

Sesso in carcere: cosa è successo a Rebibbia

Quel mattino, poco dopo le 10, la donna era stata portata nella sala colloqui per vedere il marito e il figlio, arrivati per la visita settimanale. Nulla faceva pensare a quello che sarebbe successo. Le telecamere interne hanno ripreso tutto: l’uomo si è abbassato i pantaloni, la donna si è seduta sopra di lui. Tutto davanti agli occhi del bambino, che – secondo le prime testimonianze – era seduto poco distante, forse confuso o semplicemente ignaro.

I due agenti di guardia hanno agito subito. “Abbiamo visto dei movimenti strani dal monitor e siamo entrati senza perdere tempo”, ha raccontato uno dei poliziotti in aula. La coppia è stata separata, la donna riportata in cella, mentre marito e figlio sono stati fatti uscire dalla struttura. La denuncia è arrivata poche ore dopo, aggravata dalla presenza del minore.

Il precedente di Vercelli e il nodo delle “stanze dell’affettività”

Il caso di Rebibbia arriva a pochi giorni da un episodio simile a Vercelli, dove una detenuta, in carcere da giugno 2024, è risultata incinta. Le prime indagini interne suggeriscono che la gravidanza derivi da un rapporto con il compagno, detenuto nella sezione maschile dello stesso carcere. Anche in questo caso, la vicenda ha fatto emergere dubbi sulla sorveglianza e sulle reali possibilità per i detenuti di avere momenti di intimità.

In Italia si sta provando a introdurre le cosiddette “stanze dell’affettività”: spazi dove i detenuti possono incontrare i partner con un po’ più di privacy, cercando di bilanciare affetti e sicurezza. Ma il sindacato della polizia penitenziaria Osapp non nasconde i dubbi. “È un paradosso – ha detto il segretario generale Leo Beneduci – mentre noi siamo lasciati soli tra violenze e carenza di personale, l’amministrazione pensa a soddisfare le esigenze sentimentali dei detenuti”.

Le regole, i controlli e le reazioni

La legge italiana vieta rapporti sessuali durante i colloqui ordinari in carcere. Le sale sono sorvegliate da telecamere e il personale è sempre presente. Eppure, casi come quello di Rebibbia dimostrano che non basta. “Non è la prima volta che succede qualcosa del genere”, ha ammesso un agente fuori dal tribunale, “ma con un minore presente la cosa si fa molto più grave”.

La difesa della donna ha chiesto una perizia psicologica per capire lo stato emotivo della detenuta al momento dei fatti. Sarà il tribunale a decidere nelle prossime settimane se accogliere la richiesta. Intanto, la direzione del carcere ha intensificato i controlli nelle sale colloqui e ha avviato una verifica interna sulle procedure.

Un tema che fa discutere

La vicenda ha riaperto un dibattito mai spento: come tutelare i diritti affettivi dei detenuti senza mettere a rischio sicurezza e decoro? Tra chi chiede regole più severe e chi spinge per più umanità, la strada resta incerta. “Bisogna trovare un equilibrio”, ha detto un operatore sociale che lavora a Rebibbia, “ma non si può ignorare il disagio di tante famiglie”.

Il processo alla detenuta andrà avanti a luglio. Nel frattempo, il caso resta un simbolo delle difficoltà quotidiane del sistema penitenziario italiano, stretto tra esigenze di controllo e richieste di dignità.