Padova, 30 ottobre – Valentina Boscaro, 34 anni, è stata condannata in via definitiva a 17 anni di carcere per l’omicidio del compagno Mattia Caruso, 30 anni. Il fatto è avvenuto nella notte tra il 25 e il 26 settembre 2022, fuori da una discoteca vicino a Padova. La sentenza di oggi della Corte di Cassazione chiude un lungo percorso giudiziario che era partito con una condanna a 24 anni in primo grado, poi ridotta a 20 in appello, per arrivare infine a questa pena più bassa. Una storia segnata da tensioni familiari, versioni contrastanti e un clima difficile.
La notte dell’omicidio: i fatti e le prime indagini
I fatti risalgono alla notte tra il 25 e il 26 settembre 2022. Secondo gli investigatori, Boscaro e Caruso avevano litigato davanti alla discoteca. Erano circa le tre del mattino quando, dopo una discussione accesa, tutto è degenerato. La donna ha colpito il compagno con un coltello, ferendolo al petto. All’inizio, come hanno spiegato gli agenti della Squadra Mobile di Padova, Boscaro aveva detto che a uccidere Caruso era stato un aggressore sconosciuto. Una versione che non ha retto: dopo una settimana di interrogatori e contraddizioni, la donna ha confessato.
I rilievi della polizia scientifica avevano già messo in dubbio la sua versione. Nessuna traccia di un terzo uomo, nessun testimone che avesse visto l’aggressore. Solo sotto pressione, Boscaro ha ammesso di essere stata lei.
Le attenuanti emerse nel processo
Il processo ha fatto luce anche sul contesto in cui è avvenuto il delitto. Dalle indagini e dalle testimonianze in aula è emerso un rapporto tormentato. Caruso, venditore ambulante di dolci, non accettava che la compagna fosse indipendente. Amici della coppia hanno raccontato di frequenti litigi, telefonate notturne e scenate di gelosia.
I giudici hanno riconosciuto a Boscaro le attenuanti generiche, evidenziando che la donna aveva subito minacce e violenze fisiche da parte del compagno più volte. “Era uno stato di prostrazione che ha inciso sulla sua capacità di decidere”, si legge nelle motivazioni della sentenza. Un aspetto che ha pesato nella riduzione della pena, nonostante la gravità dell’omicidio volontario.
La confessione tardiva e il carcere ai domiciliari
Dopo una settimana di bugie – come lei stessa ha ammesso davanti ai magistrati – Boscaro ha confessato. “Non ce la facevo più”, avrebbe detto durante uno degli interrogatori. La sua posizione è stata valutata anche tenendo conto della confessione arrivata in ritardo e della collaborazione con gli inquirenti.
Il tribunale del riesame aveva già deciso che non fosse pericolosa né a rischio di fuga. Da mesi, Boscaro sta scontando la pena agli arresti domiciliari nella sua casa a Padova, dove vive con la figlia minorenne. Una scelta dettata dalla necessità di garantire alla bambina una figura materna stabile, almeno fino alla conclusione del processo.
La sentenza finale dopo due anni di iter giudiziario
Con la decisione della Corte di Cassazione, si chiude una vicenda giudiziaria che dura da più di due anni, tra indagini, processi e appelli. La pena definitiva di 17 anni tiene conto sia della gravità del fatto sia della situazione personale della donna. Gli avvocati difensori hanno espresso soddisfazione per il riconoscimento delle attenuanti: “Si è fatta giustizia, considerando la complessità della vicenda”, ha detto uno dei legali all’uscita dal tribunale.
La famiglia di Caruso, invece, ha accolto la sentenza con amarezza. “Non ci ridà Mattia”, ha commentato il fratello della vittima davanti ai giornalisti fuori dal palazzo di giustizia. Un finale che lascia ferite aperte, in una storia dove – come spesso succede – si intrecciano ragioni personali e giustizia penale.
