Castro sostiene l’operazione in favela: un confronto acceso alla Corte suprema

Castro sostiene l'operazione in favela: un confronto acceso alla Corte suprema

Castro sostiene l'operazione in favela: un confronto acceso alla Corte suprema

Matteo Rigamonti

Novembre 4, 2025

Rio de Janeiro, 4 novembre 2025 – Il governatore di Rio de Janeiro, Cláudio Castro, si è presentato oggi davanti alla Corte Suprema Federale per difendere l’operato delle forze dell’ordine durante la vasta operazione di polizia del 28 ottobre scorso nei complessi della Penha e dell’Alemão. Un blitz che ha fatto registrare almeno 130 vittime. Vicino all’ex presidente Jair Bolsonaro, Castro ha insistito che l’intervento si è svolto “nel rispetto della legge e della Costituzione”, rispondendo alle richieste di chiarimento del giudice Alexandre de Moraes.

Scontro in tribunale: Castro risponde al giudice Moraes

L’incontro tra il governatore e il magistrato si è tenuto questa mattina a Brasilia. Castro è stato ascoltato per più di due ore e ha consegnato un documento di 26 pagine in cui ricostruisce la catena di comando e spiega come si è svolta l’operazione. “L’uso della forza è stato proporzionato alla minaccia rappresentata dal Comando Vermelho”, ha scritto, riferendosi alla principale organizzazione criminale attiva nella città.

Secondo quanto riportato da O Globo, l’operazione è stata preparata per oltre un anno. Nei due mesi prima del blitz, si sono susseguite riunioni tra Polizia civile, Polizia militare e Procura locale. In campo sono stati schierati 2.500 agenti per eseguire 100 mandati di arresto e 145 perquisizioni.

Corte Suprema: le regole da rispettare

Nel documento inviato al giudice Moraes, Castro ha assicurato che l’azione ha rispettato tutte le condizioni fissate dalla Corte: il blitz si è svolto di giorno, c’erano ambulanze a disposizione e nessuna scuola è stata usata come base operativa. “Abbiamo seguito le indicazioni della magistratura”, ha detto il governatore, “per garantire la sicurezza di cittadini e agenti”.

Un punto critico riguarda le bodycam indossate dagli agenti. Secondo la relazione, tutti avevano telecamere personali, ma alcune hanno avuto “problemi tecnici” durante l’operazione. Intanto, è partita un’inchiesta interna per chiarire la rimozione di alcuni corpi prima che fossero svolte le perizie forensi.

Il bilancio dell’operazione e le polemiche

La maxi-operazione nei quartieri popolari della zona nord di Rio ha portato al sequestro di armi da guerra, esplosivi e diversi veicoli. Secondo il governo, l’obiettivo era colpire le basi del Comando Vermelho, che controlla da anni il traffico di droga e armi in città.

Ma il costo umano è altissimo: almeno 130 morti, secondo le prime stime ufficiali. Si tratta dell’operazione di polizia più sanguinosa degli ultimi anni in Brasile. Le immagini diffuse mostrano strade vuote, case danneggiate e persone in fuga. “Sembrava una zona di guerra”, ha raccontato una donna che vive nella favela dell’Alemão, riferendosi alle ore di spari che hanno segnato quei giorni.

Indagini aperte e richiesta di trasparenza

Il giudice Moraes ha ordinato che tutte le prove raccolte siano conservate intatte. Ha chiesto al governatore chiarimenti urgenti sulle fasi più controverse del blitz, in particolare sulla rimozione dei corpi e sul rispetto dei protocolli stabiliti dalla Corte.

Le associazioni per i diritti umani chiedono un’inchiesta indipendente. Amnesty International Brasile ha definito “allarmante” il numero delle vittime e sollecita maggiore trasparenza sulle modalità di intervento delle forze dell’ordine.

Sicurezza a Rio, la sfida continua

A Rio la sicurezza pubblica resta un tema caldo. Le operazioni nelle favelas scatenano spesso polemiche per l’alto numero di vittime e i metodi usati dalla polizia. Il governo statale insiste sulla necessità di agire con decisione contro le organizzazioni criminali, ma la società civile chiede più tutela per chi vive nelle zone più fragili.

Nei prossimi giorni sono previste nuove audizioni e ulteriori sviluppi nelle indagini. Il caso resta aperto: la Corte Suprema dovrà decidere se l’intervento è stato davvero legittimo o se si sono verificate gravi violazioni dei diritti umani.