Un dramma milanese: la diagnosi di disturbo schizoide per l’uomo che ha accoltellato Anna Laura Calzecchi

Un dramma milanese: la diagnosi di disturbo schizoide per l'uomo che ha accoltellato Anna Laura Calzecchi

Un dramma milanese: la diagnosi di disturbo schizoide per l'uomo che ha accoltellato Anna Laura Calzecchi

Matteo Rigamonti

Novembre 5, 2025

Milano, 5 novembre 2025 – Vincenzo Lanni, 59 anni, originario di Bergamo, è stato riconosciuto come l’uomo che venerdì 3 novembre ha accoltellato Anna Laura Valsecchi in via Gae Aulenti, nel cuore pulsante di Milano. Lanni, ex programmatore informatico con una diagnosi di disturbo schizoide della personalità, era già noto alle forze dell’ordine per aggressioni simili. La sua storia, segnata da isolamento e problemi psichici, torna d’attualità dopo un gesto che ha sconvolto la città.

Una scia di violenza e isolamento

I carabinieri hanno ricostruito un passato inquietante. Nel 2016, Lanni aveva già ferito con un coltello due uomini, Antonio Castelletti e Luigi Novelli, in un bar e poi in un parco di Alzano Lombardo. In quell’occasione, lo psichiatra Giacomo Filippini aveva accertato una seminfermità mentale e diagnosticato il disturbo schizoide della personalità. Dopo l’arresto, Lanni si era confidato: “Mi sento un fallito, sono insoddisfatto della vita e volevo ammazzarmi: ma sono un vigliacco”. E aveva aggiunto: “Gli anziani sono più facili da colpire perché sono i più indifesi”.

Il disturbo schizoide, spiegano gli esperti, porta a un forte isolamento e a difficoltà nel costruire rapporti profondi. Chi lo conosceva lo descriveva come una persona chiusa, poco incline al dialogo. Aveva una sorella gemella – ed è stata proprio lei a riconoscerlo dopo l’aggressione milanese – ma pochi altri legami.

Dall’interesse per i gialli alla nuova aggressione

Negli anni prima dell’ultimo episodio, Lanni aveva mostrato una certa curiosità per la criminologia e i romanzi gialli. Nel 2012 aveva preso in prestito dalla biblioteca un libro di Jean Failler, “Omicidio a Lorient”. Gli inquirenti ritengono che avesse studiato i movimenti delle sue potenziali vittime. Una telecamera lo aveva immortalato mentre si aggirava per Bergamo Alta, puntando una runner solitaria che si è salvata solo grazie all’arrivo improvviso di un amico.

Dopo la condanna per gli eventi del 2016 – con una richiesta di nove anni da parte del pm Fabrizio Gaverini, uno scontato per la seminfermità mentale e tre anni di cure in una struttura psichiatrica – Lanni aveva tentato di reinserirsi. Ma la sua permanenza nella comunità “4Exodus” è finita pochi giorni prima dell’aggressione a Milano: il 30 ottobre era stato allontanato dalla struttura del Varesotto per comportamenti giudicati pericolosi.

L’aggressione in centro a Milano

La mattina del 3 novembre, Lanni si trovava in una stanza d’albergo vicino alla Stazione Centrale, in via Vitruvio. Indossava gli stessi vestiti del giorno dell’aggressione: giubbotto tecnico blu e azzurro, pantaloni neri, scarpe da ginnastica. Le telecamere di sorveglianza hanno catturato la scena: la manager Anna Laura Valsecchi, dipendente di Finlombarda da due anni, è stata colpita alla schiena con un coltello, rimasto conficcato nel corpo.

Dalle prime ricostruzioni emerge che la vittima non conosceva l’aggressore. “Non le conosceva assolutamente”, ha spiegato Cinzia Pezzotta, l’avvocata che aveva difeso Lanni nel 2015. “Anche dieci anni fa sceglieva le vittime a caso: uno era un pensionato che stava andando in biblioteca”.

La diagnosi e le responsabilità

Nel 2015 una perizia psichiatrica aveva stabilito che Lanni era parzialmente incapace di intendere e volere, ma non del tutto. “Era molto depresso, chiuso in sé stesso”, ricorda Pezzotta. “Eppure raccontava quello che aveva fatto con lucidità e nei dettagli”. I giudici avevano riconosciuto la sua pericolosità sociale, condannandolo a otto anni di carcere più tre anni in Rems (Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza).

L’avvocata Pezzotta ha ammesso che la notizia dell’aggressione ha riaperto “un brutto ricordo”. “Ho visto il fotogramma e onestamente non l’ho riconosciuto subito”, ha detto all’AdnKronos. “Ma quando ho sentito del coltello nella schiena, mi è subito tornata in mente quella persona”.

Percorso interrotto e interrogativi aperti

La storia di Vincenzo Lanni riaccende il dibattito su come si gestiscono i pazienti psichiatrici pericolosi. Dopo essere stato allontanato dalla comunità “4Exodus”, Lanni si era rifugiato in albergo senza che nessuno riuscisse a seguirne i movimenti. La manager aggredita – secondo fonti interne a Finlombarda – non aveva mai avuto contatti con il pubblico e non era coinvolta in pratiche delicate.

Ora resta da capire come sia stato possibile che un uomo con precedenti violenti sia riuscito a colpire ancora. Le indagini sono in corso: la Procura di Milano sta valutando se ci siano responsabilità nella catena dei controlli e nella gestione della sicurezza dei pazienti psichiatrici. Intanto, la città resta scossa da un episodio che mette a nudo fragilità personali e limiti del sistema di tutela collettiva.