Favino: la storia di un antieroe che ci rappresenta tutti

Favino: la storia di un antieroe che ci rappresenta tutti

Favino: la storia di un antieroe che ci rappresenta tutti

Giada Liguori

Novembre 6, 2025

Roma, 6 novembre 2025 – Questa mattina, a Roma, Pierfrancesco Favino ha parlato con semplicità e chiarezza di Raul Gatti, il personaggio che interpreta nel film “Il maestro” di Andrea Di Stefano, in arrivo nelle sale italiane il 13 novembre con Vision Distribution. Davanti a giornalisti e spettatori, l’attore ha detto: “Sono felice di dare voce a un personaggio che somiglia a tutti noi. In fondo, tutti possiamo sbagliare, tutti siamo imperfetti”. Un pensiero che sembra racchiudere il cuore della pellicola, presentata in anteprima all’82ª Mostra del Cinema di Venezia.

Raul Gatti, un campione caduto in riva al mare

La storia si svolge nella tarda estate degli anni Ottanta. Favino è Raul Gatti, ex promessa del tennis italiano, oggi un uomo disilluso, un po’ sbrigativo e stanco. Tutto comincia quando Felice (interpretato da Tiziano Menichelli), padre di un ragazzino di talento, decide di affidargli l’allenamento e la crescita del figlio. Raul accetta l’incarico, ben pagato, senza troppe remore. Da qui parte un vero e proprio road movie lungo la costa italiana: tornei, partite tirate, viaggi in treno e in auto, stanze d’albergo spartane. Sconfitte amare e vittorie che sembrano quasi un colpo di fortuna.

Favino ha confessato che “Raul mi somiglia molto più di quanto si possa pensare”. Si vede nei piccoli gesti: la sigaretta accesa fuori dal campo, le battute un po’ ruvide tra una partita e l’altra, lo sguardo perso verso il mare nelle sere d’estate. “Ho imparato più dai maestri inconsapevoli che da quelli che volevano insegnare”, ha aggiunto.

Tra maestro e allievo: errori, sfide e riconciliazioni

Il rapporto tra Raul e Felice cresce giorno dopo giorno, fatto di tentativi e sbagli. Il ragazzo sente il peso delle aspettative del padre, ha paura di deluderlo. Raul, invece, sorprende con la sua capacità di ascoltare, con una paternità fuori dagli schemi. “Non esiste un mentore perfetto: è proprio nelle imperfezioni che troviamo la forza”, ha detto Favino durante la conferenza.

La storia alterna momenti leggeri a passaggi più intensi. Le partite diventano simbolo delle sfide della vita. I due si conoscono davvero solo lontano dai riflettori dei campi da tennis. E nelle sconfitte più dure si vede la solidità del loro legame. “Vorremmo che chi vede il film uscisse dicendo: ‘Mi sono divertito, mi sono sentito bene’. E magari avesse voglia di invitare questi due personaggi a cena, come se fossero vecchi amici”, ha concluso Favino con un sorriso.

Un tuffo negli anni Ottanta con ironia e dolcezza

“Il maestro” gioca tra nostalgia e ironia. Gli anni Ottanta sono ricostruiti con cura: racchette di legno, magliette larghe, vecchie auto parcheggiate davanti ai piccoli alberghi di provincia. La colonna sonora accompagna senza mai sovrastare i protagonisti. Andrea Di Stefano, regista noto per “Escobar” e “L’ultima notte di Amore”, ha scelto di raccontare una storia di crescita che parla anche agli adulti.

Le prime reazioni a Venezia sono state positive. Il pubblico ha apprezzato come il film mescoli temi universali – la ricerca di sé, il rapporto padre-figlio, la paura di fallire – con una leggerezza che nel cinema italiano contemporaneo è rara. “C’è tanta leggerezza”, ha ribadito Favino. “Ho imparato nella vita che spesso sono proprio gli errori a insegnarci qualcosa”.

Un viaggio dentro l’uomo, prima che nello sport

Alla fine, il percorso di Raul e Felice non è solo sportivo. È un viaggio umano fatto di cadute e ripartenze. Un racconto che, come ha sottolineato Favino, “ci ricorda che l’imperfezione non è una colpa, ma una possibilità”. Il film arriva al cinema il 13 novembre. Per molti sarà l’occasione di ritrovarsi un po’ in quei difetti, in quelle fragilità. E forse, usciti dalla sala, verrà voglia di rivedere quei due personaggi, magari seduti al tavolo accanto al nostro.