Losanna, 6 novembre 2025 – Per la prima volta un robot ispirato al cervello del pesce zebra ha nuotato in un fiume, segnando una tappa importante nella ricerca sull’intelligenza artificiale. L’esperimento è frutto del lavoro congiunto tra il Politecnico di Losanna (EPFL), la Duke University e l’Instituto Superior Técnico di Lisbona, e i risultati sono stati pubblicati su Science Robotics. L’obiettivo è chiaro: capire come l’intelligenza non sia solo questione di cervello, ma nasca dall’interazione tra mente, corpo e ambiente.
Quando neuroscienze e robotica si incontrano
Il protagonista è il pesce zebra, un piccolo animale che da tempo interessa genetisti e ora anche robotici. “Abbiamo unito neuroscienze, robotica e IA in modo nuovo. Questo cambia il modo in cui pensiamo ai robot e all’intelligenza, sia quella naturale che quella artificiale”, spiega Luca Zunino, ricercatore dell’EPFL e coautore dello studio. La ricerca è firmata in prima battuta da Xiangxiao Liu.
Il team ha creato una simulazione dettagliata del pesce zebra, così precisa da indicare dove cercare nuovi tipi di neuroni mai scoperti. “Abbiamo fatto esperimenti di neuroimaging in vivo sui cervelli dei pesci zebra vivi e abbiamo trovato proprio quello che la simulazione prevedeva”, racconta Zunino. Un passaggio fondamentale per confermare che il modello computazionale funzionava davvero.
Dal laboratorio al fiume: il robot-pesce prende vita
Dopo la simulazione e la verifica biologica, i ricercatori hanno costruito un robot che imita le strategie del cervello del pesce zebra. Il robot è stato messo in un corso d’acqua naturale e ha cominciato a nuotare, seguendo la corrente come un vero pesce. Il fatto che il test sia avvenuto fuori dal laboratorio è tutt’altro che un dettaglio.
Zunino sottolinea come la maggior parte degli studi sull’intelligenza artificiale punti a modelli sempre più grandi e a enormi quantità di dati. “Ma forse si è perso di vista un punto fondamentale: l’intelligenza non sta solo nel cervello, ma nasce dall’interazione continua tra cervello, corpo e ambiente”.
L’ambiente, protagonista dell’intelligenza
La simulazione ha mostrato che piccoli dettagli – per esempio la curvatura del cristallino dell’occhio o il modo in cui l’acqua scorre sul corpo del pesce – influenzano direttamente come si sviluppano i neuroni nel cervello. Insomma, corpo e ambiente hanno un ruolo importante quanto la genetica o la struttura cerebrale nel formare l’intelligenza.
“Il nostro lavoro è un ciclo continuo che unisce simulazione, test su animali vivi e robotica”, spiega ancora Zunino. Le previsioni del modello sono state confermate nei cervelli reali; la prova sul campo con il robot ha mostrato che il modello funziona anche nel mondo reale.
Verso un nuovo modo di pensare l’intelligenza artificiale
Secondo gli autori, questo metodo apre la strada a un modo diverso di guardare all’intelligenza artificiale. Non più solo reti neurali sempre più complesse o grandi archivi di dati, ma un’attenzione più forte all’interazione tra hardware (il corpo), software (il cervello) e ambiente. Un cambio di prospettiva che potrebbe rivoluzionare i robot del futuro.
Il lavoro del team internazionale, tra Losanna, Durham e Lisbona, segna un passo avanti importante nel dialogo tra biologia e tecnologia. E mentre il piccolo robot-pesce scivola silenzioso nel fiume, resta la domanda: quanto ancora possiamo imparare dalla natura per costruire macchine davvero intelligenti?
