Bulgaria avvia il processo di nazionalizzazione della raffineria Lukoil

Bulgaria avvia il processo di nazionalizzazione della raffineria Lukoil

Bulgaria avvia il processo di nazionalizzazione della raffineria Lukoil

Matteo Rigamonti

Novembre 7, 2025

Sofia, 7 novembre 2025 – Questa mattina il Parlamento bulgaro ha approvato una legge che mette sotto controllo statale la raffineria Lukoil di Burgas, situata sulla costa del Mar Nero. La decisione arriva dopo settimane di tensioni, nate dalle sanzioni statunitensi imposte in ottobre al colosso russo del petrolio. Il governo di Sofia teme che le misure americane possano far chiudere l’impianto, un pezzo fondamentale per l’economia del paese.

Raffineria Lukoil di Burgas: Stato prende il timone

La seduta si è aperta alle 9.30 nella sala principale dell’Assemblea nazionale, con banchi a metà e volti tesi. La legge è passata per un soffio: 124 sì su 240 votanti. Prevede che la gestione della raffineria Lukoil Neftochim Burgas passi temporaneamente allo Stato. “Non possiamo perdere un patrimonio così importante,” ha detto il ministro dell’Energia, Vladimir Malinov, durante il dibattito. Questa raffineria, la più grande nei Balcani, copre circa il 60% del fabbisogno di carburante della Bulgaria e dà lavoro a oltre 1.300 persone.

Sanzioni USA, Sofia sull’allerta

Il provvedimento arriva a poche settimane dalle sanzioni americane contro la casa madre russa Lukoil, accusata da Washington di finanziare indirettamente la guerra del Cremlino. Fonti diplomatiche bulgare spiegano che le misure rischiano di bloccare sia le forniture di greggio sia i pagamenti internazionali, mettendo a rischio la produzione di Burgas. “La situazione è delicata,” ha ammesso il premier Nikolay Denkov in conferenza stampa. “Vogliamo garantire la sicurezza energetica del paese e salvaguardare i posti di lavoro.”

A Burgas paura e incertezza

Nella città portuale, da sempre legata all’industria petrolifera, la notizia ha acceso reazioni contrastanti. Davanti ai cancelli della raffineria, all’alba, piccoli gruppi di operai si sono riuniti in attesa di aggiornamenti. “Abbiamo paura per il nostro futuro,” ha detto Ivan Petrov, che lavora lì da vent’anni. Secondo il Ministero dell’Economia, la raffineria vale oltre 1 miliardo di euro all’anno per il PIL bulgaro ed è un nodo chiave per l’export verso i paesi vicini.

Cosa farà il governo adesso

La legge prevede che il controllo statale duri sei mesi, con possibile proroga, e che venga nominato un commissario straordinario per gestire l’impianto. Il governo ha già avviato contatti con Bruxelles per assicurarsi che la misura rispetti le regole europee su concorrenza e aiuti di Stato. “Lavoriamo a stretto contatto con la Commissione UE,” ha detto Malinov. L’obiettivo è evitare interruzioni nelle forniture e mantenere attivi i contratti con clienti e fornitori internazionali.

Tra geopolitica e futuro incerto

La vicenda si inserisce in un quadro regionale teso, con lo scontro tra Russia e Occidente. La Bulgaria, membro dell’Unione Europea e della NATO, si trova spesso a dover fare i conti con le pressioni degli alleati occidentali e la storica dipendenza dal gas e petrolio russi. Secondo gli esperti locali, la nazionalizzazione temporanea è una soluzione d’emergenza, che però apre nuovi interrogativi sul futuro dell’energia nel paese.

Per ora la produzione continua regolarmente. Ma negli uffici di Sofia si respira un clima di incertezza. “Siamo pronti a prendere altre misure, se serve,” ha detto Denkov ai giornalisti nel pomeriggio. Solo nelle prossime settimane si capirà se la mossa del Parlamento riuscirà davvero a proteggere la Bulgaria dagli effetti delle sanzioni e dalle turbolenze del mercato globale.