Gino Cecchettin: una nuova prospettiva dopo la verità accertata

Gino Cecchettin: una nuova prospettiva dopo la verità accertata

Gino Cecchettin: una nuova prospettiva dopo la verità accertata

Matteo Rigamonti

Novembre 7, 2025

Padova, 7 novembre 2025 – Si è chiuso ieri il capitolo giudiziario sulla morte di Giulia Cecchetin, la giovane uccisa nel novembre 2023, dopo che la Procura generale di Venezia ha deciso di rinunciare all’appello. A darne notizia è stato il padre, Gino Cecchetin, che ha scelto parole sobrie per commentare la conclusione del processo che ha visto condannato Filippo Turetta.

La magistratura chiude il caso: un segno di verità riconosciuta

“Non esiste una giustizia che possa restituire ciò che è stato tolto”, ha scritto Cecchetin, “ma sappiamo che la verità è venuta a galla e che le responsabilità sono state accertate”. La Procura generale ha così messo la parola fine a una delle vicende di cronaca nera più dolorose degli ultimi anni. Il processo, svolto a Venezia, aveva già condannato Turetta, ex fidanzato di Giulia, per omicidio volontario aggravato.

Dolore e voglia di andare avanti

Nel messaggio diffuso ieri sera, il padre ha spiegato di aver scelto da tempo di “guardare avanti”, perché – ha detto – “l’unico modo per onorare Giulia è costruire ogni giorno qualcosa di buono in suo nome”. Parole che raccontano la difficoltà, ma anche la necessità, di trasformare il dolore in un impegno concreto. “Verrebbe naturale volere ancora giustizia”, ha aggiunto, “cercare altre conferme sulla crudeltà o sullo stalking. Ma continuare a combattere quando la battaglia è finita è, in fondo, inutile”.

La giustizia fa il suo lavoro, chi resta porta il peso del dolore

“La giustizia serve a stabilire i fatti, non a calmare il dolore”, ha sottolineato Cecchetin. Una distinzione chiara tra ciò che può fare lo Stato e ciò che invece rimane sulle spalle della famiglia. “Questo compito spetta a noi: a chi resta, a chi decide di trasformare la sofferenza in consapevolezza e la memoria in responsabilità”. Sono parole nate dopo mesi di udienze, ricostruzioni e testimonianze, ma anche di un acceso dibattito pubblico sulla violenza contro le donne.

Ricordare Giulia per ciò che era, non solo per la tragedia

“Giulia va ricordata non solo per la tragedia che l’ha colpita”, ha scritto ancora il padre, “ma per quello che era: la sua dolcezza, la sua intelligenza, la sua voglia di vivere e di amare in libertà”. Un ritratto lontano dai riflettori che hanno seguito la vicenda. “Il dolore non sparisce”, ha aggiunto, “ma può diventare un seme”. L’auspicio è che “tutti impariamo a riconoscere e respingere ogni forma di violenza”, così che “la cultura del rispetto diventi un impegno di tutti, nella vita di ogni giorno e nelle istituzioni”.

Un appello alla comunità e alle istituzioni

Solo così, ha sottolineato Gino Cecchetin, “il sacrificio di Giulia potrà portare a un cambiamento vero, profondo e duraturo”. Un invito rivolto non solo ai cittadini, ma anche alle istituzioni, chiamate a fare la loro parte nella prevenzione e nella lotta contro la violenza di genere. Il padre ha voluto anche ringraziare “di cuore tutti quelli che, in questo cammino difficile, mi sono stati vicini con rispetto, discrezione e affetto”. Un pensiero per amici, parenti e conoscenti che hanno offerto sostegno senza far rumore.

La memoria come guida silenziosa

“L’amore per Giulia continuerà a guidarmi, silenzioso, ogni giorno della mia vita”, si legge nelle ultime righe della nota. Una chiusura che lascia spazio al privato, dopo mesi passati sotto i riflettori. Il processo è finito; ora resta la sfida più dura: trasformare la memoria in responsabilità collettiva e fare in modo che storie come quella di Giulia non si ripetano.