In Sudan cresce la tensione: si prevedono scontri intensi nel Kordofan

In Sudan cresce la tensione: si prevedono scontri intensi nel Kordofan

In Sudan cresce la tensione: si prevedono scontri intensi nel Kordofan

Matteo Rigamonti

Novembre 7, 2025

Khartoum, 7 novembre 2025 – Le Nazioni Unite lanciano un allarme urgente sulla crisi che ormai da mesi sta devastando il Kordofan, regione del Sudan nel pieno di una situazione sempre più grave. Stamattina, Volker Turk, Alto Commissario Onu per i diritti umani, ha parlato chiaro: si stanno preparando a una nuova ondata di violenze e serve fermare subito gli scontri che stanno mettendo in ginocchio la popolazione.

Civili nel mirino: la crisi non si ferma

Le informazioni raccolte dalle Nazioni Unite non lasciano spazio a speranze. I combattimenti tra le forze armate e i gruppi paramilitari non danno tregua. Anzi, gli ultimi segnali raccolti tra ieri sera e oggi indicano che entrambe le parti si stanno preparando a intensificare gli scontri. “Si vedono chiaramente i segni di una nuova escalation, e questo significa solo guai per chi vive qui”, ha detto Turk, spiegando quanto la situazione stia diventando insostenibile per chi non ha nulla a che fare con la guerra.

Negli ultimi giorni, città come Kadugli e Dilling sono state colpite duramente. Le organizzazioni umanitarie denunciano attacchi pesanti e continui. Molte famiglie, raccontano fonti locali, sono state costrette a lasciare tutto e cercare rifugio dove possono, anche oltre confine, verso il Sud Sudan.

Nessun segnale di pace all’orizzonte

L’allarme dell’Onu arriva proprio mentre la diplomazia internazionale sembra impotente. “Non si vede alcun segno di calma”, ha ribadito Turk. I tentativi di mettere fine alle ostilità finora non hanno portato a nulla di concreto. Intanto, i civili sono sempre più in difficoltà: manca il cibo, l’acqua potabile scarseggia e gli ospedali sono al collasso.

Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (OCHA), più di 500mila persone hanno abbandonato le loro case da quando sono iniziati gli scontri. Le scuole sono chiuse da settimane, gli ospedali funzionano a singhiozzo e le organizzazioni umanitarie fanno fatica a raggiungere le zone più colpite. “La situazione è disperata”, racconta un operatore di Medici Senza Frontiere da Kadugli.

Urgente un segnale dalla comunità internazionale

L’appello delle Nazioni Unite non è rivolto solo ai combattenti, ma anche a chi ha potere nel mondo. “Serve un impegno serio per fermare questa spirale di violenza”, ha detto Turk, chiedendo più attenzione e risorse per l’emergenza. Anche l’Unione Africana, pochi giorni fa, aveva espresso forte preoccupazione, invitando tutte le parti a tornare al tavolo del dialogo.

Ma per ora le cose non cambiano. I negoziati avviati a Juba, capitale del Sud Sudan, non hanno dato risultati concreti. Sul campo, intanto, si moltiplicano le storie di civili bloccati tra le linee di fuoco. “Non sappiamo dove andare”, racconta una donna nei pressi di Dilling. “Temiamo che i combattimenti arrivino anche qui”.

Il rischio di una crisi regionale

Gli esperti temono che questo conflitto possa allargarsi e coinvolgere tutto il Sudan e i paesi vicini. Il rischio è una crisi umanitaria enorme: secondo l’ONU, più di un milione di persone nella zona potrebbero restare senza aiuti nei prossimi mesi, se la situazione non cambia.

In questo quadro, l’allarme lanciato dalle Nazioni Unite suona come un ultimo tentativo per evitare il peggio. “La priorità resta proteggere i civili”, ha concluso Turk. Ma sul terreno, tra le strade polverose e i villaggi vuoti del Kordofan, la pace sembra ancora un miraggio lontano.