Torino, 7 novembre 2025 – In Piemonte torna al centro del dibattito il tema dell’assegnazione delle case popolari agli stranieri. Tutto è partito da una sentenza del tribunale di Torino, che ha riconosciuto il diritto a un alloggio a una donna di origine algerina, nonostante l’Agenzia regionale avesse revocato l’assegnazione. Dietro questa vicenda si intrecciano politica e diritto, con al centro l’assessore regionale Maurizio Marrone di Fratelli d’Italia e il giudice Alberto Lamanna. Si parla di parità di trattamento e delle regole per le politiche abitative.
Quando Beinasco fa discutere: la revoca dell’alloggio
La storia arriva da Beinasco, piccolo comune alle porte di Torino. Qui una donna algerina e il marito italiano avevano ottenuto una casa popolare. Ma c’è una regola regionale chiara: per accedere a queste abitazioni serve un contratto di lavoro. Peccato che la donna abbia perso il lavoro pochi giorni prima di prendere le chiavi. Così, l’Agenzia regionale ha deciso di revocare l’assegnazione, rispettando la legge.
Ma la vicenda non si è fermata. La donna, assistita dagli avvocati dell’Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione), ha fatto ricorso al tribunale di Torino. Nel mirino c’è la presunta discriminazione: secondo la difesa, la regola del contratto di lavoro viene applicata solo agli stranieri, non agli italiani.
Il giudice Lamanna spezza una regola: le ragioni della sentenza
Il giudice Alberto Lamanna ha dato ragione alla donna, fermando l’applicazione della norma regionale. In due ordinanze, Lamanna ha detto chiaro che escludere gli stranieri disoccupati dalle case popolari va contro le direttive europee sulla parità di trattamento tra cittadini Ue e non. Ma non solo: ha anche bocciato il sistema di punteggi extra per chi vive in Italia da 15, 20 o 25 anni, definendolo contrario al principio di uguaglianza della Costituzione italiana.
“Non si può creare una differenza così netta tra italiani e stranieri – ha spiegato il giudice –. Le regole europee parlano chiaro: bisogna garantire parità nell’accesso ai servizi pubblici essenziali”. Gli avvocati dell’Asgi hanno fatto eco: “La legge piemontese discrimina e va cambiata”.
Marrone reagisce: “Discriminazione al contrario”
La sentenza ha scatenato la dura reazione dell’assessore alla Casa, Maurizio Marrone, volto noto di Fratelli d’Italia nella giunta Cirio. In una nota di ieri, Marrone ha parlato di “discriminazione al contrario”, sostenendo che la decisione penalizza gli italiani in difficoltà.
“Continueremo a difendere gli italiani senza casa da quella sinistra, togata o meno, che vuole consegnare tutti gli alloggi pubblici agli immigrati sbarcati ieri”, ha detto Marrone, puntando il dito contro la magistratura e il centrosinistra. Ha anche annunciato battaglia in sede costituzionale: “Pronti a ricorrere alla Corte Costituzionale e, anche se perdiamo, non molliamo. Da un anno lavoriamo a un piano B per proteggere i nostri”.
La legge regionale nel mirino: cosa succede ora
La normativa piemontese sull’edilizia residenziale pubblica è da tempo sotto accusa da parte delle associazioni per i diritti civili. Per l’Asgi, il vincolo del contratto di lavoro e i punteggi per la residenza storica danneggiano chi non è cittadino italiano o chi ha un lavoro precario. La Regione, invece, difende la legge come strumento per dare priorità a chi vive qui da tempo e a famiglie più stabili.
Il caso di Beinasco rischia di fare scuola. Se la sentenza sarà confermata nei gradi successivi o dalla Corte Costituzionale, altre situazioni simili potrebbero saltare fuori in Piemonte e oltre. Intanto, la donna algerina – che ha scelto di restare anonima – ha ottenuto la casa. “Non ho fatto nulla di male – ha confidato a chi le sta vicino – volevo solo un posto dove vivere con la mia famiglia”.
Restano sul tavolo le domande più difficili: come trovare un equilibrio tra il diritto alla casa e le esigenze di integrazione? E quali criteri sono davvero giusti per assegnare gli alloggi pubblici? Domande che, a Torino come altrove, aspettano ancora una risposta.
