Nuovi sviluppi nel caso Paragon: Nicodemo, l’ex comunicatore del Pd, sotto i riflettori

Nuovi sviluppi nel caso Paragon: Nicodemo, l'ex comunicatore del Pd, sotto i riflettori

Nuovi sviluppi nel caso Paragon: Nicodemo, l'ex comunicatore del Pd, sotto i riflettori

Matteo Rigamonti

Novembre 7, 2025

Roma, 7 novembre 2025 – Nel vortice del caso Paragon spunta un nuovo nome finito sotto la lente degli inquirenti: Francesco Nicodemo, ex responsabile della comunicazione del Partito Democratico ai tempi di Matteo Renzi. A rivelarlo è stato Fanpage.it, che ha acceso i riflettori su una vicenda che da mesi infiamma il dibattito politico, sollevando dubbi sulla protezione della privacy e sulle modalità con cui vengono usati gli strumenti di sorveglianza digitale in Italia.

Il messaggio che ha fatto scattare l’allarme

È il 31 gennaio scorso quando Nicodemo, oggi a capo dell’agenzia di comunicazione Lievito, riceve un messaggio da Whatsapp Support. Un dettaglio che a posteriori suona più che sospetto. “Nei dati che potrebbero aver preso dal mio telefono ci sono messaggi di tanti candidati e parlamentari”, ha raccontato Nicodemo a Fanpage. “Noi seguiamo la comunicazione digitale dei gruppi parlamentari del Pd. Anche se non faccio più politica attiva, il Pd resta la mia casa, e con molti dirigenti, parlamentari e sindaci ho rapporti di lunga data”.

Il punto è chiaro: informazioni delicate, scambiate tra colleghi o per motivi personali, potrebbero essere finite nelle mani sbagliate. Una prospettiva che preoccupa non solo chi è coinvolto direttamente, ma tutto il panorama politico.

Pd sotto choc: le prime reazioni

La notizia ha scosso subito i vertici del Partito Democratico. Arturo Scotto, capogruppo dem in commissione Lavoro alla Camera, non ha nascosto il suo disagio: “Sono sconcertato, come lo sono stati anche il direttore Cancellato, il giornalista Pellegrino, Don Mattia Ferrari e attivisti come Luca Casarini. Voglio capire perché un cittadino senza incarichi pubblici, che fa consulenza per campagne di partiti all’opposizione e candidati alle elezioni, si ritrovi in questa situazione”. Scotto ha definito il fatto “molto grave, da non sottovalutare”.

Per ora, le reazioni più forti arrivano soprattutto dal Pd. Il nodo è quello della privacy e della trasparenza nelle indagini, temi strettamente legati alla sicurezza nazionale e alle tutele per chi lavora nella comunicazione politica.

Nicodemo: “Fiducia nella magistratura, ma serve chiarezza”

Da parte sua, Nicodemo ha scelto toni cauti. In un post sui social ha scritto: “Ho fiducia nel lavoro della magistratura e degli inquirenti. Per il resto non ho altro da aggiungere. Altri devono spiegare cosa è successo”. Parole misurate, ma che lasciano trapelare una certa amarezza.

“Ringrazio tutte le persone che da stamattina alle 7 mi stanno scrivendo per solidarietà”, ha aggiunto. “Sapere di non essere solo in una vicenda così inquietante è una boccata d’aria in un clima soffocante”. Poi ha ricordato i dieci mesi trascorsi senza parlare pubblicamente: “Da persona responsabile, che ha lavorato nelle istituzioni e a Palazzo Chigi, ho un grande rispetto per le strutture di sicurezza del Paese e non volevo alimentare polemiche politiche”.

Finalmente una domanda diretta: perché proprio io?

Dopo mesi di silenzio, Nicodemo rompe il riserbo. “È il momento di fare una domanda semplice: perché? Perché proprio io? Come è possibile che uno strumento così sofisticato sia stato usato per spiare un cittadino privato, come se fosse un criminale o una minaccia per il Paese?”, si chiede l’ex responsabile comunicazione Pd.

Ha spiegato di averci messo dieci mesi prima di denunciare pubblicamente quella che definisce una “violazione gravissima” della sua privacy. “Tutto quello che ho da dire è nel libro di Francesco Cancellato, mio fratello non di sangue, e in queste poche righe”, ha concluso. Niente altre interviste, niente ulteriori apparizioni: questa la sua scelta.

Un caso che scuote la politica e apre nuovi interrogativi

Il caso Paragon si allarga sempre di più, coinvolgendo pezzi importanti della comunicazione politica italiana e alimentando il dibattito su privacy, sorveglianza digitale e i limiti delle indagini. La magistratura è chiamata a fare chiarezza, come chiedono gli interessati. Ma resta una domanda: chi decide chi può essere spiato e perché? E soprattutto, quali garanzie hanno oggi cittadini e professionisti che lavorano nel cuore delle istituzioni? Per ora, nessuno ha ancora dato risposta.