Bari, 7 novembre 2025 – Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha messo subito in chiaro che la nazionalizzazione degli impianti siderurgici non è possibile secondo la Costituzione italiana, se non in casi molto specifici. Lo ha detto oggi, a margine dell’inaugurazione della Casa del Made in Italy a Bari, davanti a una platea di imprenditori e istituzioni. “La nostra Carta non permette di nazionalizzare un impianto siderurgico”, ha spiegato Urso, rispondendo alle domande dei giornalisti sul futuro dell’acciaieria di Taranto.
Nazionalizzazione: cosa dice davvero la Costituzione
Per il ministro, i padri costituenti hanno indicato tre condizioni precise per poter nazionalizzare un’azienda: deve essere attiva nella produzione di energia, come accadde con l’ENEL; oppure deve operare in regime di monopolio; o infine deve trattarsi di un servizio pubblico essenziale. “Nella Costituzione è scritto chiaramente che si può nazionalizzare un’azienda energetica, come poi è successo negli anni Sessanta”, ha ricordato Urso, riferendosi ai grandi cambiamenti industriali di quel periodo.
Taranto non rientra nei casi previsti
Il caso dell’impianto siderurgico di Taranto è al centro di un acceso dibattito politico e sindacale. Ma, secondo Urso, non ci sono le condizioni previste dalla Costituzione: “Per poter intervenire, l’azienda dovrebbe agire in regime di monopolio, cosa che non riguarda gli impianti di Taranto, e deve fornire un servizio pubblico essenziale”. Insomma, per il ministro, l’acciaieria pugliese non rientra in nessuna delle categorie che permetterebbero un intervento diretto dello Stato.
Governo e sindacati: parole e attese
Le parole di Urso arrivano in un momento delicato per il futuro dell’ex Ilva. Da settimane sindacati e amministrazioni locali chiedono un intervento pubblico. Ma il governo tiene la linea del rispetto della Costituzione. “Non possiamo andare oltre le regole della nostra Carta”, ha ribadito il ministro. Al tempo stesso, ha lasciato aperta la porta ad altre strade, come cercare nuovi partner industriali o puntare su incentivi per la riconversione.
Energia e siderurgia: due mondi a confronto
Urso ha ricordato che negli anni Sessanta lo Stato poté nazionalizzare il settore energetico perché si trattava di un’attività strategica e in monopolio. “Solo allora si poté intervenire direttamente”, ha sottolineato. Nel caso della siderurgia, invece, il mercato è aperto e l’impianto di Taranto non è considerato un servizio pubblico essenziale dalla Costituzione. Una differenza che, secondo il ministro, non lascia spazio a interpretazioni diverse.
Taranto tra speranze e preoccupazioni
A Taranto cresce la tensione in attesa di una soluzione che garantisca la produzione e i posti di lavoro. I sindacati chiedono certezze e temono che senza un intervento dello Stato la crisi occupazionale possa peggiorare. “Siamo molto preoccupati per il futuro dello stabilimento”, ha detto un delegato della Fiom presente a Bari. Il governo, invece, conferma l’intenzione di trovare una via d’uscita che rispetti le regole.
Nazionalizzazione siderurgica: un nodo ancora da sciogliere
La questione della nazionalizzazione degli impianti siderurgici resta aperta. Le parole del ministro Urso segnano un punto fermo sul piano giuridico, ma il dibattito politico continua. Nei prossimi giorni sono previsti nuovi incontri tra governo, sindacati e amministrazioni locali. Sullo sfondo, la necessità sempre più urgente di trovare una soluzione stabile per uno dei poli industriali più importanti e discussi del Paese.
