New York, 8 novembre 2025 – James Watson, premio Nobel per la Medicina e protagonista della scoperta della struttura del DNA, si è spento ieri all’età di 97 anni in un hospice dello Stato di New York. La notizia, diffusa nelle prime ore dal New York Times, ha fatto subito il giro delle principali redazioni scientifiche e universitarie nel mondo. Secondo la famiglia, Watson era stato trasferito nella struttura la scorsa settimana, dopo un ricovero in ospedale causato da una infezione che aveva peggiorato le sue condizioni.
La scoperta che ha rivoluzionato la biologia
Correva l’anno 1953 quando, insieme a Francis Crick, Watson pubblicò su Nature l’articolo che ha cambiato per sempre la genetica: la descrizione della doppia elica del DNA. Due filamenti intrecciati, un modello semplice ma geniale, che spiegava come si trasmettono le informazioni genetiche da una generazione all’altra. “Sapevamo fosse qualcosa di grande, ma non potevamo immaginare quanto”, aveva confessato Watson in una delle sue ultime interviste pubbliche, nel 2019, a un convegno di Cold Spring Harbor.
Un Nobel giovane e controverso
Nel 1962, a soli 34 anni, Watson vinse il Premio Nobel per la Medicina insieme a Crick e Maurice Wilkins. Rosalind Franklin, la scienziata il cui lavoro con i raggi X fu fondamentale per la scoperta, non fu inclusa nel riconoscimento. Una decisione che ancora oggi accende dibattiti tra gli storici della scienza. “Non era un uomo facile”, ha ammesso ieri sera Eric Lander, direttore del Broad Institute, “ma nessuno può negare l’impatto che ha avuto sulla biologia moderna”.
Una carriera tra laboratori e polemiche
Nato a Chicago nel 1928, Watson si laureò in zoologia all’Università di Chicago prima di trasferirsi in Europa. A Cambridge, nel laboratorio Cavendish, incontrò Crick: lì iniziò la collaborazione che portò alla scoperta del DNA. Tornato negli Stati Uniti negli anni Sessanta, guidò per decenni il laboratorio di Cold Spring Harbor, trasformandolo in uno dei centri più importanti per la ricerca genetica.
Non sono mancati i momenti di tensione. Negli ultimi anni, alcune sue dichiarazioni su razza e intelligenza avevano scatenato forti reazioni nella comunità scientifica e gli erano costate l’allontanamento da incarichi pubblici. “Ha sbagliato, ma la scienza resta”, ha commentato ieri Jennifer Doudna, premio Nobel per la Chimica nel 2020.
Un’eredità che va oltre la scoperta
Oggi il nome di Watson è legato in modo indissolubile al DNA e alle sue applicazioni, dalla medicina personalizzata alle biotecnologie, fino alle indagini forensi. “Senza quella scoperta – ha spiegato ieri il genetista italiano Giuseppe Novelli – non avremmo avuto né il sequenziamento del genoma umano né le terapie geniche”. Nei corridoi del Cold Spring Harbor Laboratory, dove Watson ha lavorato fino a poco tempo fa, si respira ancora l’atmosfera di quegli anni pionieristici. “Sapeva come trasmettere passione ai giovani ricercatori come pochi”, ha raccontato al telefono Susan Lee, ex collaboratrice, poco dopo la notizia della sua morte.
L’addio di un gigante della scienza
I funerali di James Watson si terranno in forma privata nei prossimi giorni a New York. La famiglia ha chiesto riservatezza, invitando amici e colleghi a ricordarlo sostenendo la ricerca scientifica. Nel comunicato diffuso ieri sera si legge: “Ha dedicato la sua vita alla scienza e alla curiosità. È questo ciò che vorrebbe lasciare in eredità”. In queste ore, messaggi di cordoglio arrivano da università e istituti di ricerca in tutto il mondo.
La scomparsa di Watson segna la fine di un’epoca per la biologia molecolare. Eppure, nelle parole dei colleghi più giovani, rimane vivo il senso di una scoperta che ancora oggi cambia il modo in cui guardiamo alla vita.
