Addio a Lee Tamahori, il maestro neozelandese del cinema, scomparso a 75 anni

Addio a Lee Tamahori, il maestro neozelandese del cinema, scomparso a 75 anni

Addio a Lee Tamahori, il maestro neozelandese del cinema, scomparso a 75 anni

Matteo Rigamonti

Novembre 8, 2025

Auckland, 8 novembre 2025 – Lee Tamahori, il regista neozelandese conosciuto soprattutto per il film cult “Once Were Warriors – Una volta erano guerrieri”, è morto ieri nella sua città natale all’età di 75 anni. La notizia è stata confermata dalla famiglia, che ha diffuso un breve comunicato nelle prime ore del mattino. Figura di rilievo nella comunità maori e uno dei cineasti più importanti della Nuova Zelanda, Tamahori lascia un segno profondo nel cinema mondiale.

La famiglia annuncia la morte, la Nuova Zelanda piange un grande regista

La scomparsa di Tamahori è stata resa nota dai suoi cari, che hanno chiesto rispetto e discrezione in questo momento di dolore. “Lee era un padre, un marito e un nonno molto amato. Ha portato la voce dei maori nel mondo”, si legge nel messaggio diffuso. Subito dopo la notizia, in Nuova Zelanda sono arrivate reazioni forti. La premier Jacinda Ardern ha espresso il “profondo cordoglio” del governo, sottolineando come il regista abbia “dato dignità e visibilità alle storie delle comunità indigene”.

“Once Were Warriors”, un successo che ha cambiato tutto

Era il 1994 quando Tamahori ha diretto “Once Were Warriors”, tratto dal romanzo di Alan Duff. Il film, ambientato nei sobborghi di Auckland, raccontava senza filtri la vita di una famiglia maori alle prese con povertà, violenza domestica e perdita delle radici. Girato soprattutto a Otara e South Auckland, il film ebbe subito un grande successo: incassò oltre 6 milioni di dollari in Nuova Zelanda e fu distribuito in più di 30 paesi. Critici come Roger Ebert lo definirono “un pugno nello stomaco”, mentre il pubblico ne fece un caso nazionale. “Non avevamo mai visto la nostra storia raccontata così”, ha ricordato l’attore Temuera Morrison.

Da Auckland a Hollywood, la carriera di un regista globale

Dopo il successo in patria, Tamahori ha fatto il salto negli Stati Uniti, lavorando con i maggiori studi. Nel 2002 ha diretto “La morte può attendere” (Die Another Day), il ventesimo film della saga di James Bond con Pierce Brosnan e Halle Berry. Girato tra Islanda e Spagna, il film ha incassato oltre 430 milioni di dollari nel mondo. Prima di allora, aveva firmato thriller come “L’ombra del diavolo” (con Alec Baldwin e Anthony Hopkins) e “XXX 2: The Next Level”.

Nonostante il successo a Hollywood, Tamahori non ha mai dimenticato le sue radici. “Porto la mia cultura in ogni storia che racconto”, ha detto più volte. Nel 2016 è tornato in Nuova Zelanda per dirigere “Mahana”, altro adattamento di un romanzo di Alan Duff, presentato al Festival di Berlino.

Un punto di riferimento per la comunità maori

Nato ad Auckland nel 1950 da padre maori e madre europea, Tamahori aveva iniziato come tecnico del suono per la televisione neozelandese. Negli anni Ottanta si è avvicinato alla regia, lavorando su spot pubblicitari e cortometraggi. Il suo stile, diretto e spesso crudo, è diventato un suo tratto distintivo. “Ha saputo raccontare la complessità dell’identità maori senza cadere nei soliti stereotipi”, ha spiegato la produttrice Merata Mita.

Negli ultimi anni ha sostenuto molti progetti per valorizzare le culture indigene nel cinema. Ha partecipato come relatore a festival internazionali e ha lavorato con giovani registi emergenti. “Ci ha insegnato a non avere paura delle nostre storie”, ha detto la regista Ainsley Gardiner.

L’eredità di un uomo e di un artista

Con la sua morte, il cinema neozelandese perde una delle sue voci più autentiche. I funerali si terranno a Auckland nei prossimi giorni, in forma privata. La famiglia ha chiesto che eventuali donazioni siano destinate a fondi per promuovere la cultura maori nelle arti visive.

Resta il ricordo di un uomo capace di trasformare il dolore collettivo in storie universali, portando la Nuova Zelanda – con tutte le sue contraddizioni – sotto i riflettori del mondo. “Lee ci ha lasciati, ma le sue storie continueranno a parlare per lui”, ha detto un amico di vecchia data uscendo dalla casa della famiglia, ieri sera poco dopo le 20.