Vicenza, 8 novembre 2025 – I sindacati Fisascat-Cisl e Uiltucs hanno proclamato lo stato di agitazione per il personale civile non statunitense che lavora nelle Forze armate Usa in Italia, dopo che gli stipendi non sono stati pagati a causa dello shutdown negli Stati Uniti. La mobilitazione, annunciata nelle ultime ore, coinvolge oltre 1.500 lavoratori nelle basi di Vicenza, Aviano e Livorno, che da giorni aspettano risposte sul futuro delle loro buste paga.
Stipendi bloccati per oltre 1.500 dipendenti nelle basi Usa
Le segreterie nazionali dei due sindacati raccontano che la situazione è peggiorata la scorsa settimana, quando i lavoratori hanno scoperto che lo stipendio di ottobre non sarebbe arrivato in tempo. Un problema che, spiegano, riguarda solo il personale civile italiano, mentre i dipendenti americani non sono coinvolti. Tutto a causa dello shutdown federale negli Stati Uniti, che ha fermato i fondi destinati alle spese delle basi all’estero.
In Caserma Ederle a Vicenza, nella base di Aviano e nel distaccamento di Camp Darby a Livorno, la tensione si fa sentire. “Siamo preoccupati – racconta una lavoratrice dei servizi logistici a Vicenza – perché le bollette e gli affitti non aspettano. Non sappiamo quando ci pagheranno”. Un disagio che si aggiunge all’incertezza: “Non è la prima volta che succede – dice un delegato sindacale – ma questa volta il ritardo potrebbe durare più del solito”.
Lettera urgente a Roma e all’Ambasciata Usa
Fisascat-Cisl e Uiltucs hanno scritto una lettera alla Presidenza del Consiglio, ai ministeri degli Esteri, della Difesa e del Lavoro, e all’Ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, chiedendo un intervento immediato. Nel documento, visto da alanews.it, i sindacati sottolineano che il mancato pagamento viola il Trattato bilaterale Sofa del 1951, che stabilisce come “le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare salari e tutele, devono seguire la legge del paese ospitante”, cioè l’Italia.
“Non si può far pagare ai lavoratori civili italiani i problemi amministrativi americani”, dicono i sindacati. “Chiediamo che le istituzioni italiane agiscano subito per far rispettare gli accordi e i diritti previsti dal Contratto collettivo nazionale”.
I diritti dei lavoratori e il contratto nazionale
Il Contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti delle basi americane stabilisce che gli stipendi devono essere versati entro l’ultimo giorno lavorativo del mese. Una regola che, secondo i sindacati, non può saltare nemmeno a causa dello shutdown negli Usa. “La legge italiana è chiara – ricorda un funzionario della Fisascat-Cisl – e il Trattato Sofa lo conferma: i diritti dei lavoratori devono essere rispettati”.
Finora non sono arrivate risposte ufficiali né dal governo italiano né dall’Ambasciata americana. Fonti vicine alla vicenda dicono che sono in corso contatti tra i ministeri coinvolti e le autorità Usa per trovare una soluzione veloce. Intanto però, tra i lavoratori cresce la preoccupazione: “Abbiamo famiglie da mantenere – confida un dipendente di Camp Darby – e non possiamo permetterci ritardi”.
Mobilitazione in corso e attesa di sviluppi
Lo stato di agitazione proclamato da Fisascat-Cisl e Uiltucs prevede assemblee nei luoghi di lavoro e possibili nuove azioni se la situazione non si sbloccherà nei prossimi giorni. “Non escludiamo scioperi o manifestazioni davanti alle basi”, ammette un portavoce sindacale.
Nel frattempo, nelle città coinvolte – Vicenza, Aviano, Livorno – l’attenzione resta alta. I sindacati chiedono che la vicenda venga affrontata con urgenza sia dal governo italiano sia dalle autorità americane. “Non vogliamo scontri – conclude una delegata Uiltucs – ma rispetto per chi lavora ogni giorno nelle basi Usa in Italia”.
