Roma, 8 novembre 2025 – Giorgia Meloni non ha nascosto il suo disappunto, emerso ieri sera da Palazzo Chigi, per la decisione del presidente del Cnel, Renato Brunetta, di aumentare il proprio stipendio dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha eliminato il tetto dei 240 mila euro annui per i dirigenti pubblici. La premier, secondo fonti vicine al governo, considera la scelta “non condivisibile” e “inopportuna”, soprattutto in un momento in cui il tema delle retribuzioni pubbliche è tornato al centro del dibattito politico.
Brunetta alza lo stipendio: la mossa che fa discutere
La vicenda si è sviluppata in fretta. Il 6 novembre la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il limite massimo di stipendio per i dirigenti pubblici, un tetto che era stato fissato nel 2011 e confermato negli anni. Poche ore dopo la sentenza, Renato Brunetta – ex ministro e oggi presidente del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro – ha firmato la delibera per adeguare il proprio compenso ai nuovi parametri. Un gesto che, secondo fonti di Palazzo Chigi, è stato giudicato “affrettato” e “fuori tempo”.
A Palazzo Chigi cresce la tensione
Ieri sera, nei corridoi di Palazzo Chigi, si respirava una certa tensione. “Non era il momento giusto”, ha detto un collaboratore della premier, sottolineando come questa decisione rischi di scatenare polemiche proprio mentre il governo sta lavorando alla legge di bilancio e cerca di tenere sotto controllo la spesa pubblica. La stessa Meloni, sempre secondo fonti qualificate, avrebbe mostrato “irritazione” per una scelta presa senza confronto con l’esecutivo.
Stipendi pubblici, il nodo resta caldo
Il tema degli stipendi dei dirigenti pubblici resta spinoso. Quel tetto di 240 mila euro era stato introdotto per motivi di equità e per contenere i costi, soprattutto dopo la crisi finanziaria. Ora, con la sentenza della Consulta, la regola salta e si apre una fase nuova. “Serve una riflessione seria”, spiega un esponente della maggioranza, “non possiamo permettere che chi sta ai vertici delle istituzioni mandi ai cittadini segnali sbagliati”. Dall’opposizione, invece, si teme che si apra una corsa agli aumenti proprio mentre tante famiglie fanno i conti con l’inflazione.
Brunetta: “Ho solo seguito la legge”
Renato Brunetta, incontrato dai giornalisti all’uscita del Cnel in viale David Lubin poco dopo le 17, si è difeso: “Ho fatto solo quello che la sentenza della Corte Costituzionale imponeva. Non è una decisione personale”. L’ex ministro ha aggiunto che “le regole valgono per tutti” e che eventuali modifiche dovranno arrivare dal Parlamento.
Il dibattito politico si infiamma
Nel frattempo, le opposizioni hanno subito attaccato sia la sentenza sia la rapidità con cui Brunetta ha adeguato il proprio stipendio. “È un segnale sbagliato”, ha detto Elly Schlein (Pd), mentre Giuseppe Conte (M5S) ha chiesto al governo di intervenire subito per mettere nuovi limiti. Dall’altra parte, esponenti di Forza Italia hanno difeso Brunetta: “Ha semplicemente rispettato la legge”, ha detto Giorgio Mulè.
Che succede adesso?
Il governo per ora guarda e valuta. Fonti del Ministero dell’Economia, guidato da Giancarlo Giorgetti, fanno sapere che si sta studiando se è possibile intervenire con un nuovo provvedimento per fissare limiti diversi o regole più strette. “Non possiamo lasciare l’idea di una casta privilegiata”, ha confidato un sottosegretario leghista.
La vicenda è tutt’altro che chiusa. Nei prossimi giorni arriveranno nuove prese di posizione da maggioranza e opposizione. Intanto, tra i dipendenti pubblici e i sindacati cresce la curiosità: altri dirigenti seguiranno l’esempio di Brunetta? E il governo riuscirà davvero a mettere mano, ancora una volta, a un tema delicato come quello delle retribuzioni nella pubblica amministrazione?
