Milano, 8 novembre 2025 – Le banche italiane si dicono pronte a lasciarsi alle spalle la fase emergenziale delle garanzie pubbliche nate durante la pandemia, ma chiedono un confronto aperto con tutti i protagonisti: governo, istituzioni, banche e imprese. Lo ha detto oggi il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, rispondendo alle domande sulle ultime dichiarazioni del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che ha ricordato i benefici ottenuti dal settore bancario grazie agli strumenti straordinari varati in questi anni.
Garanzie pubbliche: un aiuto, non un’abitudine
“Noi non viviamo di garanzie. La garanzia deve essere un supporto, un aiuto in più, non la base”, ha spiegato Patuelli a Milano, poco dopo le 11. Per il presidente dell’Abi, le garanzie pubbliche sono state pensate soprattutto per le imprese, che in questi anni hanno potuto ottenere finanziamenti in condizioni eccezionali. “La garanzia – ha aggiunto – è uno strumento per sostenere il tessuto produttivo, ma non può diventare la norma”.
Il riferimento è ai provvedimenti del 2020, voluti dal governo Conte, che hanno introdotto strumenti come il Fondo di Garanzia per le PMI e le moratorie sui prestiti. “Il decreto Covid – ha ricordato Patuelli – fu varato senza alcun confronto con l’Abi. Solo dopo siamo stati coinvolti nella gestione pratica”.
I numeri della fase d’emergenza
Secondo i dati di Abi e Mediocredito Centrale (Mcc), il picco dei finanziamenti garantiti è arrivato nel 2022, con un totale di 226 miliardi di euro. Da allora la cifra è scesa: al 30 settembre scorso, i prestiti garantiti ancora in piedi erano 119 miliardi, mentre quelli concessi tra il 2020 e il 2021, i cosiddetti finanziamenti Covid, ammontano a 52 miliardi, con una durata residua di circa due anni e mezzo.
Un calo deciso, che per l’Abi riflette la ripresa dell’economia e l’uscita graduale dalle misure straordinarie. “I numeri dicono che il sistema bancario sta tornando alla normalità”, ha sottolineato Patuelli. Resta però un punto delicato: molte imprese, soprattutto piccole e medie, hanno ancora debiti accumulati negli anni della pandemia.
Serve un tavolo con il governo
La richiesta delle banche è netta: “Serve un tavolo di confronto”, ha ribadito Patuelli. L’idea è di definire insieme alle istituzioni come uscire dalle misure emergenziali e valutare strumenti a sostegno delle aziende più fragili. “Non chiediamo proroghe infinite – ha precisato il presidente Abi – ma una transizione ordinata”.
Nei giorni scorsi, il ministro Giorgetti ha ricordato come le garanzie pubbliche abbiano aiutato il settore bancario, riducendo i rischi sui prestiti e sostenendo il credito. Per l’Abi, però, la priorità resta la salute del sistema produttivo: “Le banche sono pronte a fare la loro parte – ha detto Patuelli – ma serve una regia condivisa”.
Cosa cambia per imprese e famiglie
Con la fine delle garanzie pubbliche, l’accesso al credito potrebbe farsi più difficile. “Molte aziende hanno ancora bisogno di aiuto”, spiega un dirigente di banca milanese, che preferisce restare anonimo. “Senza strumenti adeguati, rischiamo di vedere un aumento delle insolvenze”.
Anche le associazioni di categoria seguono con attenzione la situazione. Confartigianato Lombardia parla di “una fase post-pandemica che richiede soluzioni flessibili e attenzione alle realtà più fragili”. Il rischio, dicono fonti vicine agli artigiani, è che la stretta sul credito possa rallentare la ripresa in alcuni settori.
Verso una nuova normalità
Il cammino verso la normalità è avviato, ma non senza difficoltà. Le banche italiane chiedono chiarezza sulle nuove regole e strumenti per accompagnare la transizione. Il governo sta valutando tempi e modi per ritirare gradualmente le misure straordinarie.
Solo nelle prossime settimane, quando si riunirà il tavolo chiesto dall’Abi, si capirà quale strada verrà presa. Intanto, tra numeri in calo e richieste di confronto, il sistema bancario italiano si prepara a voltare pagina dopo cinque anni segnati dall’emergenza sanitaria ed economica.
