Tel Aviv, 10 novembre 2025 – Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha ribadito oggi alla Knesset la linea dura del governo di Gerusalemme sul rispetto degli accordi di cessate il fuoco sia nella Striscia di Gaza sia lungo il confine con il Libano. “Siamo determinati a far rispettare gli accordi con il pugno di ferro”, ha detto Netanyahu, come riportato dal Times of Israel. Una frase che, in un clima così teso, suona come un chiaro avvertimento alle fazioni armate di Hamas e Hezbollah, ma anche come un messaggio agli alleati internazionali.
Netanyahu: zero tolleranza per chi viola il cessate il fuoco
Il discorso del premier è partito poco dopo le 11.30 nell’aula del Parlamento israeliano. Netanyahu ha sottolineato che “ogni violazione del cessate il fuoco sarà vista come una minaccia alla sicurezza nazionale”. Davanti a un pubblico diviso, con la maggioranza che applaudiva e l’opposizione in silenzio, alcuni con il volto teso, il premier ha aggiunto: “Non lasceremo che i sacrifici dei nostri soldati vengano cancellati”. Un chiaro riferimento ai mesi di conflitto che hanno segnato la regione.
Fonti governative spiegano che la posizione di oggi riflette la pressione crescente in patria, dopo i recenti lanci di razzi dalla Striscia di Gaza verso il sud di Israele e gli scontri sporadici lungo la linea blu con il Libano. “La nostra risposta sarà ferma ma proporzionata”, ha detto un portavoce del Ministero della Difesa, senza però entrare nei dettagli sulle possibili azioni militari in arrivo.
Confine caldo: tregua fragile tra Gaza e Libano
La situazione sul campo resta incerta. Negli ultimi due giorni, secondo l’esercito israeliano (IDF), si sono registrati almeno tre tentativi di infiltrazione dalla Striscia di Gaza e due episodi di fuoco incrociato nella zona di Metulla, al confine con il Libano. Le forze armate hanno risposto con “azioni mirate”, si legge in una nota diffusa ieri sera.
A Gaza City, la gente vive tra la speranza di una tregua duratura e la paura di nuove tensioni. “Abbiamo sentito spari durante la notte, ma ora sembra più tranquillo”, racconta Ahmed, che abita nel quartiere di Shejaiya. Anche nel sud del Libano, nei villaggi di Maroun al-Ras e Bint Jbeil, la tensione è palpabile: “Le famiglie sono pronte a lasciare le case se il conflitto dovesse riprendere”, spiega un volontario della Croce Rossa locale.
Gli Usa spingono per la pace, ma Israele resta fermo
Sul fronte diplomatico, gli Stati Uniti continuano a premere su Israele per mantenere il cessate il fuoco e permettere l’arrivo di aiuti umanitari a Gaza. Il segretario di Stato Antony Blinken, in una telefonata con Netanyahu ieri sera, ha ribadito “la necessità di evitare nuove escalation e proteggere i civili”, secondo il Dipartimento di Stato.
Anche l’Unione Europea segue con attenzione la situazione. Josep Borrell, Alto rappresentante per la politica estera dell’UE, ha dichiarato questa mattina: “Chiediamo a tutte le parti di rispettare gli accordi e di lavorare per una soluzione politica duratura”. Ma a Gerusalemme la linea resta ferma: “Non accetteremo pressioni che mettano a rischio la sicurezza degli israeliani”, ha detto un consigliere del premier.
Reazioni e scenari: la società israeliana si spacca
Le parole di Netanyahu hanno subito acceso il dibattito in Israele. Gruppi pacifisti hanno organizzato un sit-in davanti alla Knesset nel pomeriggio, chiedendo “un vero dialogo con i palestinesi” e criticando quella che chiamano “politica della forza”. Dall’altra parte, chi vive nelle zone del sud più colpite dai razzi ha mostrato sostegno al governo: “Abbiamo bisogno di sicurezza, non solo di parole”, ha detto Yael Cohen, portavoce degli abitanti di Sderot.
Politicamente, la posizione di Netanyahu sembra rafforzare la maggioranza parlamentare, almeno per ora. Ma restano molte incognite sulla tenuta della tregua e sul rischio che nuovi scontri possano far precipitare di nuovo la situazione.
In questo quadro complesso, il governo israeliano sembra deciso a non lasciare spazio alle milizie armate né a cedere alle pressioni esterne. Nei prossimi giorni si vedrà se questa strategia del “pugno di ferro” porterà stabilità o nuove tensioni nella regione.
