Roma, 10 novembre 2025 – Un Predator diverso dal solito: umano e fragile. È questa la sfida che Dan Trachtenberg lancia con “Predator: Badlands”, il settimo episodio della famosa saga sci-fi, che da oggi arriva nei cinema italiani grazie a Walt Disney Company. Per la prima volta nella serie, il film ha ottenuto negli Stati Uniti la classificazione PG-13, segno di un cambio di passo pensato per coinvolgere un pubblico più vasto. Lontano dal solito scontro tra umani e alieni, qui la storia si concentra su una lotta personale e su alleanze inattese.
Dek, il Predator che non ti aspetti
Al centro della storia c’è Dek, uno Yautja alto due metri e mezzo, un guerriero escluso dalla sua stessa specie. Non è più il mostro da temere, ma un emarginato in cerca di riscatto. “Volevamo che il pubblico potesse davvero immedesimarsi in Dek”, ha detto il regista Trachtenberg durante la presentazione a Roma. L’idea, racconta, nasce da una domanda semplice: “E se raccontassimo la storia dal punto di vista del Predator?”. Non più solo spettatori delle sue imprese, ma complici di una creatura che per la prima volta mostra debolezze e voglia di appartenere a qualcosa.
Sullo schermo, Dek – interpretato da Dimitrius Schuster-Koloamatangi – si muove in un pianeta ostile, dove perfino l’erba può ferire e i fiori nascondono trappole mortali. Il suo obiettivo è affrontare un nemico capace di rigenerarsi, in una battaglia che diventa una metafora della sua ricerca di valore dentro la comunità Yautja.
Thia, l’alleata inaspettata che cambia tutto
A stravolgere il gioco arriva l’incontro con Thia, un’androide della corporazione Weyland-Yutani, nome noto ai fan dell’universo Alien. Thia, interpretata da Elle Fanning, è segnata dalla guerra: ha perso le gambe, ma non la forza di andare avanti. “Il mio personaggio non è la preda”, ha spiegato Fanning durante una pausa sul set, “ma fa squadra con il Predator. Così lo vedi sotto una luce tutta nuova”.
Tra Dek e Thia nasce un rapporto fatto di diffidenza e solidarietà, in un ambiente dove per sopravvivere servono alleanze improbabili. Tra fughe notturne e scontri corpo a corpo, sboccia un’empatia inaspettata. “È un punto di vista diverso”, dice Fanning, “qui il Predator è protagonista, racconta la sua storia. Diventa un personaggio per cui tifi, cosa mai successa prima”.
Un mondo familiare, ma aperto a tutti
Con “Predator: Badlands”, la saga si apre a nuovi spettatori grazie al rating PG-13, una scelta che secondo gli addetti ai lavori potrebbe segnare una svolta commerciale. Il film conserva i tratti che hanno fatto la fortuna del franchise – azione intensa, ambienti ostili, tensione continua – ma aggiunge momenti di riflessione e dialogo. La presenza di Weyland-Yutani lega la pellicola all’universo di Alien, regalando ai fan dettagli come loghi aziendali sui muri delle astronavi e riferimenti a tecnologie già viste.
La produzione ha puntato su effetti visivi curati e su una colonna sonora che alterna silenzi carichi di inquietudine a scatti improvvisi di tensione. Le prime proiezioni stampa hanno diviso: qualcuno apprezza il tentativo di rendere il Predator più umano, altri rimpiangono la crudezza dei capitoli passati. Ma la scelta di raccontare la storia dall’alieno ha fatto breccia soprattutto tra i più giovani.
Il futuro dei Predator passa da qui
“Mi ha colpito la visione di Dan per questo film”, ha detto Elle Fanning, “la sua capacità di aprire nuove strade nell’universo Predator”. Il film arriva in un momento in cui i grandi franchise sci-fi cercano di rinnovarsi: Disney punta a rilanciare storie che possano piacere anche a chi parte da zero.
“Predator: Badlands” sbarca in Italia con l’idea di cambiare le regole del gioco. Un Predator che combatte non solo contro nemici esterni, ma anche contro i suoi limiti. E forse, proprio per questo, si avvicina di più a noi di quanto avremmo mai immaginato.
