Chieti, 13 novembre 2025 – Una donna di 38 anni, barista in un locale del centro di Chieti, ha vissuto mesi di turni massacranti senza ricevere un centesimo e senza mai poter riposare. Dormiva su un divano in cucina, sotto costante sorveglianza. La storia è venuta alla luce solo ora, grazie alle indagini della Procura distrettuale dell’Aquila, che hanno aperto un fascicolo per il reato di riduzione o mantenimento in schiavitù. Secondo gli investigatori, la titolare del bar, una 43enne, avrebbe sfruttato la fragilità mentale della donna, privandola di ogni libertà e autonomia.
Turni estenuanti e zero stipendio
La barista iniziava a lavorare alle 7 del mattino e ufficialmente finiva alle 22, ma spesso restava fino a mezzanotte. Non aveva mai un giorno di riposo né un contratto regolare. Il telefono che le era stato dato dalla proprietaria poteva solo ricevere chiamate, non farle: un modo per tenerla isolata, dicono gli investigatori. “Era in uno stato di totale soggezione”, raccontano fonti vicine alle indagini. Non prendeva soldi, dormiva poche ore su un divano in cucina e non poteva uscire dal locale.
Un sistema di controllo studiato nei dettagli
Gli inquirenti spiegano che la titolare aveva messo in piedi un vero e proprio sistema per tenere la barista sotto controllo. C’era una telecamera che monitorava la cucina e gli spazi comuni. Formalmente, la donna era amministratrice della ditta, ma senza alcun contratto o busta paga. Così, la proprietaria evitava di rispettare le regole e continuava a sfruttarla senza rischiare subito conseguenze.
Le indagini e le prove al vaglio
La Procura ha messo sotto sequestro i tre cellulari intestati alla titolare. Un perito informatico li sta esaminando alla ricerca di messaggi, registrazioni o altro materiale che possa confermare il regime di sfruttamento. “Stiamo ricostruendo ogni pezzo della vicenda”, spiegano fonti giudiziarie. L’obiettivo è capire come la barista sia stata ingannata e costretta a lavorare in condizioni che gli investigatori definiscono “vicine al lavoro forzato”.
La reazione della comunità
La notizia ha scosso associazioni e politici locali. Michele Marino, segretario provinciale di Sinistra Italiana, ha commentato: “Chi ha sfruttato questa donna non ha avuto alcun limite morale. Ma fa riflettere anche che tutto questo è successo davanti agli occhi dei clienti”. Marino ha poi sollevato un dubbio che circola in città: “E i clienti del bar? Chi ha pensato di agire così ha respirato un clima di totale impunità”.
Il caso che riaccende il problema del lavoro nero
Questa vicenda riporta sotto i riflettori il problema del lavoro nero e dello sfruttamento nei piccoli esercizi commerciali. Nel 2024, secondo l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, sono stati oltre 2.000 i casi di irregolarità nel settore della ristorazione in Abruzzo. “Non sono solo numeri”, sottolinea un rappresentante della CGIL locale, “ma persone che vivono in isolamento e paura”.
Cosa succede adesso
La titolare del bar è indagata per riduzione in schiavitù. Gli inquirenti stanno valutando se ci siano altre responsabilità, anche di terzi che potevano sapere cosa stava accadendo. La barista, affidata ai servizi sociali, sta ricevendo supporto psicologico. “Serve una risposta forte dalle istituzioni”, conclude Marino, “perché nessuno debba più vivere queste condizioni”.
