Modena, 13 novembre 2025 – Elia Del Grande, 49 anni, noto come il “killer di Cadrezzate”, è sparito nel nulla dopo essere evaso dalla casa-lavoro di Castelfranco Emilia il 30 ottobre scorso. Per due settimane nessuno ha avuto sue notizie. Poi, a sorpresa, ha rotto il silenzio con una telefonata alla redazione de Le Iene, raccontando con parole proprie come è riuscito a fuggire e perché l’ha fatto. “Mi sono calato con dei cavi elettrici, poi un tassista mi ha dato una mano”, ha detto in una chiamata breve, interrotta di colpo per paura di essere localizzato.
Fuga nella notte di pioggia: il racconto di Del Grande
Secondo la sua versione, quella notte il tempo non aiutava certo la sorveglianza: pioggia battente e nebbia fitta avrebbero reso quasi inutile il controllo delle telecamere. “Il 30 ottobre pioveva a dirotto, c’era foschia, le telecamere non vedevano quasi nulla”, ha spiegato. Ha descritto come ha usato dei fili elettrici lunghi circa sei metri e mezzo per superare il muro di cinta della struttura. “Ho scavalcato e sono andato via, semplice”, ha detto con tono secco. Nessun complice, almeno secondo lui: “Non è stata Rossella Piras a darmi una mano, anzi. È stato un tassista”, ha precisato, riferendosi alla sua ex compagna coinvolta in una precedente evasione nel 2015.
Dentro la casa-lavoro: “Sono come lager”
Durante la chiamata, Del Grande non ha risparmiato critiche dure contro le condizioni dentro la casa-lavoro di Castelfranco Emilia. “Sono dei lager. Ci sono persone che entrano per sei mesi e ci restano dodici anni grazie alle proroghe”, ha denunciato. Ha descritto un ambiente pesante, tra problemi psichici e continue tensioni: “Sono tutti sotto cura psichiatrica, pieni di farmaci. Ho visto sezioni incendiate, guardie ferite, gente che lanciava olio bollente su un altro detenuto”. Per lui, è stata la paura a spingerlo a scappare: “Mi sono spaventato, sono scappato subito”.
Caccia all’uomo: la latitanza di Del Grande
Da due settimane le forze dell’ordine sono sulle sue tracce. Nella telefonata si percepiva la sua tensione: “Sono braccato”, ha ammesso alle Iene. Sa di essere ricercato e di dover cambiare spesso nascondiglio. La chiamata è stata interrotta di colpo proprio per evitare di essere localizzato dagli investigatori. Al momento, stando a fonti della polizia, non ci sono indizi certi sulla sua posizione.
Un passato segnato dalla tragedia e dalla libertà vigilata
Elia Del Grande era stato condannato all’ergastolo per la strage di Cadrezzate, Varese, il 7 gennaio 1998: uccise a colpi di fucile i genitori e il fratello maggiore. Dopo 26 anni e quattro mesi dietro le sbarre, il 16 agosto 2023 aveva ottenuto la libertà vigilata. Un sollievo breve: la misura è stata revocata dopo denunce per furti e molestie ai vicini, accuse che lui respinge con forza. “Mi hanno etichettato come socialmente pericoloso senza fare indagini”, ha detto. Ha anche citato testimonianze positive di colleghi e datori di lavoro — lavorava come giardiniere — che lo descriverebbero diversamente rispetto all’immagine data dalle autorità.
Il peso della memoria: il rimorso quotidiano
Nel corso della conversazione, Del Grande ha parlato anche di rimorso e condanna morale. “Ogni giorno che ti guardi allo specchio vedi loro”, ha confidato, riferendosi ai familiari uccisi. “La vera pena è questa. Qualsiasi cosa fai nella vita ti sembra ingiusta perché l’hai tolta a loro”. Un fardello che definisce impossibile da sopportare: “Non è facile, affatto”.
Indagini aperte e scenari ancora oscuri
Le ricerche continuano senza sosta tra Modena e le province vicine. Gli investigatori stanno controllando ogni possibile segnalazione, ma per ora non ci sono certezze su eventuali complici o appoggi, né sugli spostamenti di Del Grande. La vicenda riapre il dibattito sulle condizioni nelle case-lavoro e sulla gestione di detenuti con disturbi psichiatrici. Intanto, la priorità resta una sola: trovare e catturare Elia Del Grande, ancora latitante dopo due settimane dalla sua fuga spettacolare.
