La stanza dell’affettività nel carcere di Torino: un’opportunità bloccata secondo la Garante dei detenuti

La stanza dell’affettività nel carcere di Torino: un'opportunità bloccata secondo la Garante dei detenuti

La stanza dell’affettività nel carcere di Torino: un'opportunità bloccata secondo la Garante dei detenuti

Matteo Rigamonti

Novembre 13, 2025

Torino, 13 novembre 2025 – Nel carcere “Lorusso e Cutugno” di Torino, la tanto attesa stanza dell’affettività c’è, ma resta chiusa e inutilizzata. A due settimane dall’annuncio dell’apertura, i colloqui intimi tra detenuti e partner non sono ancora partiti. A confermarlo è la Garante dei detenuti di Torino, Diletta Berardinelli: «Tutto fermo. Le richieste ci sono, ma ancora nessuna prenotazione fissata». Un segnale chiaro di quanto sia difficile mettere in pratica un diritto riconosciuto dalla Corte costituzionale e dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), ma che fatica a diventare realtà.

Stanza dell’affettività: un diritto che resta sulla carta

In Italia, la questione dell’affettività nelle carceri è ancora un problema aperto. Secondo i dati di Antigone, su 189 istituti solo 32 hanno spazi adatti per incontri intimi senza sorveglianza diretta. E, in realtà, soltanto cinque sono quelli effettivamente utilizzati. A Torino, la stanza – circa quindici metri quadri con letto matrimoniale costruito dai detenuti e bagno annesso – avrebbe dovuto aprire il primo novembre. Invece, nulla si è mosso. «So che sono arrivate delle richieste», spiega Berardinelli, «ma ancora nessuna prenotazione». Nel carcere, che ospita oltre 1.400 persone, il personale è ridotto all’osso: appena una ventina tra educatori, psicologi e criminologi.

Chi può entrare e come funziona

La stanza sarà accessibile a detenuti sposati, uniti civilmente o conviventi stabili, con priorità per chi non ha permessi premio o sta scontando pene lunghe. Potranno usarla anche persone recluse in altri istituti del Piemonte e della Valle d’Aosta, ma resta da definire come verranno trasferite. Restano fuori i detenuti in isolamento sanitario, chi è stato sorpreso con microtelefoni o droga, chi ha partecipato a disordini e chi è al 41-bis. «Su quest’ultimo punto – dice la Garante – serve un esame più attento, caso per caso». Le regole del Dap prevedono che la porta non si possa chiudere dall’interno e che il personale abbia strumenti per controllare la stanza; dove possibile, è consigliato un allarme sonoro.

Polizia penitenziaria scettica: le resistenze sul campo

L’iniziativa non convince del tutto gli agenti della polizia penitenziaria. L’Osapp di Torino avrebbe preferito permessi specifici piuttosto che gestire direttamente le stanze. Berardinelli riconosce le difficoltà: «La polizia penitenziaria ha un ruolo chiave, ma anche l’area trattamentale soffre per la mancanza di personale. Il Dap deve potenziare entrambe». Sul tema della recidiva, la Garante è chiara: «Se questa misura aiuta a ridurla, vale la pena provarci».

Le storie dietro le sbarre: quando l’affetto è un lusso

Dietro i numeri ci sono persone e storie. Alex Frongia, detenuto a Bologna, racconta: «Per dire un “ti voglio bene” o un “ti amo” qui dentro si aspetta settimane, a volte una vita intera… Siamo tutti affamati d’amore, d’affetto, di libertà». Vittorio, un altro detenuto, calcola: «Solo 72 ore all’anno per coltivare i nostri affetti. E chi dice che sia sbagliato se un detenuto può condividere con la moglie anche le lacrime?». Parole che raccontano il peso di una quotidianità fatta di attese e privazioni.

La Corte costituzionale ha detto basta al controllo visivo

Il tema è tornato al centro dell’attenzione dopo la sentenza n° 10 del 2024 della Corte costituzionale, che ha bocciato il controllo visivo obbligatorio durante i colloqui con i partner: «Lesivo della dignità e della vita privata», si legge nelle motivazioni. L’11 aprile 2025 il Dap ha emanato una circolare che obbliga le carceri a predisporre spazi per incontri affettivi e intimi. Ma tra parole e fatti c’è ancora un lungo passo da fare.

Torino: sovraffollamento e problemi di fondo

Il carcere “Lorusso e Cutugno” deve gestire più di 1.400 detenuti, con problemi di sovraffollamento, disagio psichico e dipendenze diffuse. Per la Garante servirebbero dati ufficiali sulla recidiva, come in altri Paesi europei, per capire davvero come funziona il sistema. Berardinelli propone anche di istituire «Stati generali permanenti della giustizia», con istituzioni, operatori e terzo settore a lavorare insieme.

Il diritto all’affettività: la strada è ancora lunga

Il riconoscimento del diritto all’affettività è solo all’inizio. La stanza è un primo passo, ma «non basta – avverte Berardinelli – ci vogliono anche attività di sostegno e percorsi educativi sui legami familiari». Il rischio è che tutto rimanga in mano alle singole direzioni carcerarie o alle ordinanze giudiziarie, con risultati disomogenei. Dietro le sbarre, la dignità umana non si può spegnere. Questa è la sfida che il nostro Paese deve ancora affrontare, con decisione e concretezza.