Milano, 14 novembre 2025 – Un anno di silenzi, speranze e attese. Domani, a Milano, familiari e amici di Alberto Trentini, il cooperante italiano fermato in Venezuela il 15 novembre 2024, si ritroveranno per tenere viva la sua storia e rilanciare la richiesta di liberazione. L’appello, lanciato dalla madre Armanda Colusso Trentini sulle pagine di un quotidiano nazionale, vuole mantenere alta l’attenzione su un caso che dopo dodici mesi è ancora senza risposte.
L’arresto e i dodici mesi di silenzio
Il pomeriggio del 15 novembre dello scorso anno, Alberto Trentini, 46 anni, è stato fermato a un posto di blocco vicino a Caracas. Da quel momento ha iniziato il suo calvario dietro le sbarre di una prigione venezuelana. La famiglia e fonti diplomatiche italiane confermano che lavorava come coordinatore per la ong francese Humanity and Inclusion, che si occupa di assistenza alle persone con disabilità. Le autorità venezuelane non hanno mai reso note accuse ufficiali. La detenzione prolungata senza processo ha sollevato dubbi e preoccupazioni anche tra le organizzazioni internazionali per i diritti umani.
La madre non si arrende: “Parlate di lui, sempre”
“È passato un anno da quando Alberto è stato arrestato in Venezuela, un anno di attesa che ci sta logorando”, ha scritto oggi Armanda Colusso Trentini in una lettera. Domani sarà organizzato un incontro pubblico a Milano per chiedere ancora una volta la liberazione del figlio. “Vi chiedo di non smettere mai di parlarne, perché solo con una forte pressione mediatica si può spingere chi ha il potere a muoversi e riportarlo a casa”, ha detto. Un appello rivolto non solo alle istituzioni, ma a tutti: “Scrivete, parlate, insistete”.
La risposta della società civile e delle istituzioni
In questi dodici mesi, la vicenda di Alberto Trentini ha acceso reazioni in Italia e fuori. Diverse associazioni umanitarie hanno chiesto spiegazioni alle autorità venezuelane e sollecitato il governo italiano a muoversi con più forza. Il Ministero degli Esteri ha assicurato di seguire il caso “con la massima attenzione”, mantenendo contatti costanti con la famiglia e l’ambasciata italiana a Caracas. Ma, secondo fonti vicine ai familiari, i passi avanti sono stati pochi e frammentari.
La forza della pressione mediatica
“Solo una forte pressione mediatica può spingere chi ha il potere a intervenire”, ribadisce la madre di Alberto. In passato, casi simili hanno cambiato rotta proprio grazie all’attenzione dei media e alla mobilitazione dell’opinione pubblica. “È successo anche con altri nostri connazionali”, ricorda Armanda Colusso Trentini, citando precedenti rilasci ottenuti dopo campagne mediatiche intense.
Una comunità che non si arrende
Domani pomeriggio a Milano, parenti, amici e sostenitori si ritroveranno per una fiaccolata in piazza XXIV Maggio. L’iniziativa – spiegano gli organizzatori – vuole essere “un segnale chiaro” per chiedere alle autorità italiane e venezuelane di accelerare i tempi e restituire la libertà a Alberto Trentini. “Ha dedicato la sua vita ad aiutare gli altri, ora tocca a noi aiutarlo”, scrive la madre nella sua lettera.
Un appello che va oltre i confini
Il caso di Alberto Trentini non riguarda solo una famiglia o una città. In queste ore arrivano messaggi di solidarietà da colleghi della ong francese e da altre realtà impegnate nel sociale. La richiesta è una sola: “Chiediamo tutti la sua liberazione”. E domani, a Milano, quella voce si farà sentire di nuovo – più forte che mai.
