Caine e McConaughey: i nuovi volti dell’intelligenza artificiale

Caine e McConaughey: i nuovi volti dell'intelligenza artificiale

Caine e McConaughey: i nuovi volti dell'intelligenza artificiale

Giada Liguori

Novembre 16, 2025

New York, 16 novembre 2025 – A Hollywood cominciano a cadere le resistenze contro l’intelligenza artificiale. Matthew McConaughey e Michael Caine, due volti noti del cinema degli ultimi decenni, hanno deciso di cedere i diritti delle loro voci alla startup newyorchese ElevenLabs, specializzata nella clonazione vocale. La scelta, maturata tra il 2022 e oggi, segna una svolta nel rapporto tra le star e le nuove tecnologie, proprio mentre l’industria audiovisiva americana si interroga sulle conseguenze di questa rivoluzione.

Le voci delle star diventano digitali

Fondata nel 2022, ElevenLabs ha messo insieme un catalogo di voci celebri – di persone ancora in vita e non – da usare in audiolibri, pubblicità e app vocali. McConaughey, che aveva già investito nella società tre anni fa, ha dato il via libera per tradurre in spagnolo la sua newsletter “Lyrics of Livin’”, utilizzando una versione sintetica della sua voce. Michael Caine, 92 anni e due Oscar in tasca, ha invece autorizzato la propria voce tramite l’Iconic Marketplace di ElevenLabs, rendendola disponibile per l’app di sintesi vocale ElevenReader.

“Non si tratta di sostituire le voci, ma di amplificarle, aprendo porte a nuovi narratori ovunque”, ha spiegato Caine in una nota diffusa ieri. L’attore britannico, protagonista di oltre 130 film – da “Alfie” a “The Dark Knight”, passando per “Interstellar” – ha aggiunto: “Ho passato la vita a raccontare storie. ElevenLabs aiuterà la prossima generazione a raccontare le proprie”.

Un catalogo che sfida il tempo

Nel marketplace digitale di ElevenLabs non ci sono solo McConaughey e Caine. Tra le voci disponibili si trovano anche Liza Minnelli, Art Garfunkel e personaggi storici come Maya Angelou, Mark Twain, Thomas Edison e J. Robert Oppenheimer. Non mancano figure iconiche del Novecento: John Wayne, Rock Hudson, l’aviatrice Amelia Earhart, il campione di baseball Babe Ruth e il matematico Alan Turing. Secondo l’azienda, l’obiettivo è “affrontare una delle principali sfide etiche nella creazione di contenuti guidati dall’intelligenza artificiale”, offrendo un sistema per la concessione in licenza etica delle voci più riconoscibili al mondo.

La tecnologia di ElevenLabs è nata per aiutare nei doppiaggi multilingue di film, audiolibri e videogiochi. Solo dopo si è allargata al mercato delle voci clonate di celebrità. Ma il percorso non è stato senza problemi: due anni fa il software della startup era stato usato per clonare la voce dell’allora presidente Joe Biden in un messaggio telefonico automatico inviato a migliaia di elettori del New Hampshire. Un episodio che aveva acceso il dibattito su sicurezza e uso etico di queste tecnologie.

Sindacati e attori tra dubbi e proteste

A Los Angeles, la questione dell’IA generativa resta al centro delle discussioni sindacali. Dopo l’ultimo contratto, che riconosceva “l’importanza della performance umana nel cinema”, il sindacato Sag-Aftra si è opposto alla creazione di personaggi interamente digitali come Tilly Norwood, un’attrice generata da algoritmi senza nessun interprete reale dietro.

E non è tutto: anche chi aveva venduto i propri diritti a società tech ora si trova a mettere in discussione la scelta. Scott Jacqmein, attore americano, ha raccontato di aver ceduto per 750 dollari il proprio avatar digitale a TikTok. Solo dopo si è accorto che la sua immagine veniva usata per pubblicizzare di tutto, senza altri compensi o controllo sui contenuti. “Non mi aspettavo un uso così esteso”, ha detto Jacqmein in una recente intervista.

Un equilibrio ancora da trovare

Il confronto tra innovazione tecnologica e tutela dei lavoratori dello spettacolo è ancora aperto. Da una parte, aziende come ElevenLabs promettono nuove opportunità creative e commerciali – “amplificare le voci”, come dice Caine – dall’altra, attori e sindacati chiedono garanzie su compensi, consenso chiaro e limiti all’uso delle identità digitali.

Il futuro delle voci a Hollywood si gioca su un terreno ancora tutto da definire. E mentre la tecnologia corre veloce, il dibattito su chi deve raccontare le storie – e con quali strumenti – è solo all’inizio.