Roma, 16 novembre 2025 – In Italia, le imposte sulla ricchezza sono ormai un dato di fatto. Nel 2024, queste tasse hanno portato nelle casse dello Stato ben 51,2 miliardi di euro. Lo rivela uno studio della Cgia di Mestre, che ha esaminato l’andamento delle cosiddette “patrimoniali” negli ultimi vent’anni. Il risultato? Un balzo del 74% rispetto al 2004, a conferma di una pressione fiscale che non accenna a diminuire.
Imu e patrimoniali: quanto pesano su famiglie e imprese
Secondo la Cgia, a fare la parte del leone è l’Imu, l’imposta municipale unica. Nel 2024 ha fruttato 23 miliardi di euro, quasi la metà (45%) del totale delle imposte sulla ricchezza. Ma attenzione: l’Imu non colpisce solo le case di lusso. Pesano anche le seconde e terze abitazioni, i capannoni industriali, gli uffici, i negozi e i terreni edificabili. “L’Imu resta la tassa più pesante per chi possiede immobili”, spiega Paolo Zabeo, coordinatore dell’ufficio studi della Cgia.
Subito dopo, tra le imposte più rilevanti, ci sono il bollo su conti correnti, depositi e fatture con 8,9 miliardi, il bollo auto con 7,5 miliardi, e l’imposta di registro sulle compravendite immobiliari e sui contratti d’affitto che vale 6,1 miliardi. Mettendo insieme questi numeri, si capisce quanto già oggi il patrimonio, sia immobiliare che finanziario, venga tassato in Italia.
Pressione fiscale in salita: i numeri del 2024
La pressione fiscale totale nel 2024 si attesta al 42,8%, in crescita di 0,3 punti percentuali rispetto al 2023 e di 1,1 punti rispetto al 2022. Un dato che riapre il dibattito sulla sostenibilità delle tasse per famiglie e imprese. Tuttavia, secondo la Cgia, “con il governo di centrodestra non è aumentata la pressione fiscale sulle famiglie”. L’aumento registrato deriva in parte dal taglio del cuneo fiscale. Il bonus per i lavoratori dipendenti con reddito fino a 20 mila euro viene infatti considerato come aumento della spesa pubblica, non come riduzione delle tasse.
“C’è ancora chi chiede una nuova patrimoniale sui ricchi – osserva Zabeo – ma si dimentica il flop della supertassa sugli yacht. Forse sarebbe più utile recuperare risorse per scuola, sanità e servizi sociali combattendo seriamente l’evasione fiscale e tagliando gli sprechi nella spesa pubblica”.
Evasione fiscale: dove si nasconde il nero
L’evasione fiscale resta un nodo cruciale. I dati del Ministero dell’Economia, ripresi dalla Cgia, parlano chiaro: nel 2022 sono stati evasi 102,5 miliardi di euro. La propensione a evadere è più alta in alcune regioni del Sud, come Calabria (20,9%), Puglia (18,9%) e Campania (18,5%). Ma in termini assoluti, a guidare la classifica sono Lombardia (16,7 miliardi), Lazio (11,4 miliardi) e Campania (9,4 miliardi). Seguono Veneto ed Emilia-Romagna, entrambe con 7,8 miliardi.
“Serve un cambio di passo – aggiunge Zabeo – soprattutto nelle zone dove l’evasione è più radicata. Solo così si potranno finanziare servizi essenziali senza aumentare ancora le tasse”.
Il confronto politico sulle patrimoniali
Il tema delle tasse sulla ricchezza continua a far discutere la politica. Da una parte chi spinge per nuove imposte sui grandi patrimoni, con l’obiettivo di finanziare welfare e investimenti pubblici. Dall’altra chi ricorda che il sistema italiano è già tra i più pesanti d’Europa sotto questo profilo. La Cgia invita a “razionalizzare la spesa pubblica” e a puntare sulla lotta all’evasione, invece di mettere in campo nuove tasse.
Nel frattempo, famiglie e imprese devono fare i conti con un carico fiscale che, tra Imu, bolli e imposte di registro, continua a salire. E la domanda resta aperta: come trovare risorse senza schiacciare chi già paga?
