Il dramma di un bambino: le verità scomode su Giovanni, sgozzato dalla madre dopo anni di violenze e denunce

Il dramma di un bambino: le verità scomode su Giovanni, sgozzato dalla madre dopo anni di violenze e denunce

Il dramma di un bambino: le verità scomode su Giovanni, sgozzato dalla madre dopo anni di violenze e denunce

Matteo Rigamonti

Novembre 17, 2025

Trieste, 17 novembre 2025 – Un bambino di nove anni, Giovanni Trame, è stato ucciso dalla madre Olena Stasiuk a Muggia, lo scorso mercoledì, dopo che il tribunale aveva autorizzato gli incontri senza supervisione tra i due. La decisione, presa il 13 maggio su parere della psicologa Erika Jakovcic, è ora al centro di un’indagine del ministero. Il caso scuote la comunità e mette in discussione le modalità di tutela dei minori in famiglie segnate da problemi.

Giovanni aveva paura, ma nessuno lo ha ascoltato

Nelle settimane prima della tragedia, Giovanni aveva confidato le sue paure agli assistenti sociali e alla psicologa incaricata dal tribunale. Quando gli era stato chiesto se volesse vedere la madre senza un’educatrice, lui aveva risposto: “Non so se sia una buona idea”. In altri incontri aveva detto chiaramente: “Ho paura”, raccontando episodi di violenza. In un verbale del giugno 2023, il bambino aveva persino mimato il gesto dello strangolamento, spiegando che la madre gli aveva stretto il collo.

Il padre, Paolo Trame, aveva più volte segnalato i rischi. “La madre è pericolosa, non lasciatelo solo con lei”, aveva ripetuto a operatori sociali e avvocati. Ma quelle denunce e gli allarmi non sono bastati: il tribunale ha permesso gli incontri senza la presenza di un adulto.

Una storia di minacce e violenze lunga otto anni

La famiglia viveva da anni in un clima di tensione e accuse reciproche. Nel 2018 Olena Stasiuk aveva minacciato apertamente: “O Giovanni resta con me, o sono pronta a uccidere il bambino, a buttarmi in mare e a farla finita anche con Paolo”. Due episodi di violenza fisica sul bambino erano stati documentati, uno dei quali aveva lasciato lividi sul collo, giudicati guaribili in tre giorni.

Nonostante tutto questo, lo scorso maggio il tribunale ha ritenuto la madre idonea a vedere il figlio da sola. L’avvocato della famiglia Trame, Andrea Bridda, ha ammesso: “Forse si è voluto dare fiducia a una madre. Avevamo chiesto una perizia psichiatrica, ma non è mai stata fatta”.

La decisione del tribunale e il parere degli esperti

La relazione della psicologa Erika Jakovcic, lunga trentasette pagine, consigliava che Giovanni vivesse con il padre, ma prevedeva anche incontri più frequenti con la madre, da soli o sotto controllo degli assistenti sociali. Il 13 maggio la giudice Filomena Piccirillo ha firmato l’ordinanza che autorizzava Olena Stasiuk a incontrare il figlio un pomeriggio a settimana, senza supervisione.

Secondo fonti vicine al tribunale, la scelta voleva salvaguardare il legame tra madre e figlio. Ma la richiesta di una perizia psichiatrica approfondita sulla donna non è mai stata accolta. “Forse alcuni segnali sono stati sottovalutati”, ha commentato l’avvocato Bridda.

Il percorso psichiatrico interrotto e le domande senza risposta

Olena Stasiuk era seguita dal Centro di salute mentale Asugi dal 2017 al 2023 per disturbi d’ansia. Massimo Semenzin, direttore del Centro, ha spiegato che “manifestava soprattutto ansia. È stata seguita fino al 2023, poi si è deciso di interrompere il percorso”. Non prendeva farmaci e non erano arrivate segnalazioni specifiche sul suo rapporto con il figlio.

La sua avvocata, Chiara Valente, ha annunciato che chiederà una nuova perizia psichiatrica. Intanto il ministero della Giustizia, su impulso del ministro Carlo Nordio, ha aperto un’indagine interna per capire cosa non abbia funzionato nelle decisioni che hanno portato al dramma.

L’inchiesta ministeriale e il grido della comunità

A Roma si cerca ora di capire perché sia stato permesso a Olena Stasiuk di restare da sola con Giovanni. Il padre, Paolo Trame, chiede risposte: “Perché le hanno consentito di stare da sola con lui?”. La comunità di Muggia è sconvolta. Il parroco locale ha ricordato di aver già in passato consigliato alla donna di farsi aiutare: “Non stava bene. Le avevo detto di cercare aiuto, ma lei rifiutava”.

Il caso di Giovanni Trame riapre il dibattito sulla protezione dei minori in famiglie in difficoltà e sulle responsabilità delle istituzioni chiamate a difenderli. Solo l’inchiesta ministeriale potrà dire se ci sono state falle nel sistema. Nel frattempo resta il dolore per una vita spezzata troppo presto.