New York, 18 novembre 2025 – Le quotazioni del petrolio hanno aperto in leggero rialzo alla Borsa di New York, con un aumento dello 0,27% che ha portato il prezzo a 60,25 dollari al barile. Un segnale, seppur contenuto, che riflette le tensioni e le aspettative ancora vive sui mercati energetici, in queste settimane di incertezza geopolitica e segnali contrastanti dall’economia mondiale.
Petrolio in crescita: cosa c’è dietro il rialzo
Questa mattina, poco dopo le 9 ora locale, il prezzo del WTI (West Texas Intermediate) si è fissato a 60,25 dollari, dopo una settimana di oscillazioni moderate. Gli operatori, secondo fonti di mercato citate da Bloomberg, stanno tenendo d’occhio sia le mosse dei paesi OPEC sia le nuove stime sulla domanda globale di energia.
A spingere i prezzi, spiegano gli analisti di Goldman Sachs, sono soprattutto le attese su un possibile taglio dell’offerta da parte dei grandi produttori. “I mercati si preparano al fatto che l’OPEC+ possa mantenere i tagli alla produzione anche nei prossimi mesi”, ha detto stamattina un trader a New York. Una prospettiva che, per ora, tiene su i prezzi, nonostante i segnali di rallentamento in Cina e le incertezze sulla domanda europea.
Mercati in allerta tra OPEC e tensioni geopolitiche
Non è solo l’offerta a muovere il mercato. Negli ultimi giorni sono tornate a pesare anche le tensioni in Medio Oriente. Gli investitori seguono con preoccupazione gli sviluppi tra Iran e Arabia Saudita, ma anche le notizie dalla Libia, dove alcune infrastrutture petrolifere restano bloccate da proteste.
Secondo il report settimanale dell’Energy Information Administration (EIA), uscito ieri sera, le scorte di greggio negli Stati Uniti sono calate di circa 2,1 milioni di barili nell’ultima settimana. Un dato che ha sorpreso molti e che potrebbe aver dato una spinta ai prezzi. “Il calo delle scorte è stato più alto del previsto – ha commentato John Kilduff, analista di Again Capital – e questo ha aiutato il rialzo nelle ultime ore”.
Prezzi del petrolio e impatto sui consumatori
L’aumento delle quotazioni del petrolio si fa sentire anche in Europa e in Asia. In Italia, secondo i dati del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, la benzina alla pompa oggi costa in media 1,87 euro al litro, mentre il gasolio supera 1,80 euro. Una situazione che preoccupa le associazioni dei consumatori. “Ogni aumento del barile si traduce rapidamente in rincari per famiglie e imprese”, spiega Massimiliano Dona dell’Unione Nazionale Consumatori.
Le economie più dipendenti dalle importazioni di energia – come Italia, Germania e Giappone – tengono d’occhio l’andamento dei prezzi. Uno studio pubblicato ieri dall’International Energy Agency (IEA) avverte che un rialzo stabile sopra i 60 dollari potrebbe rallentare la ripresa post-pandemia nei paesi più esposti.
Cosa ci aspetta nel mercato del petrolio
Gli operatori restano cauti sulle prossime settimane. Le previsioni sono divise: qualcuno vede i prezzi consolidarsi intorno ai livelli attuali, altri temono nuove impennate se peggiorano le tensioni internazionali o se l’OPEC+ decide ulteriori tagli.
“Il mercato è molto sensibile a ogni segnale, sia dall’offerta che dalla domanda”, ha spiegato stamattina un portavoce della Federazione Italiana Distributori di Carburanti. Solo nei prossimi giorni si capirà se il rialzo di oggi è l’inizio di una nuova tendenza o una reazione momentanea alle ultime notizie su scorte e geopolitica.
A New York, intanto, gli operatori non perdono d’occhio i monitor: ogni variazione di prezzo viene seguita con attenzione. E mentre il barile resta sopra i 60 dollari, la vigilanza su ogni possibile sviluppo che possa cambiare l’equilibrio fragile del mercato energetico globale resta alta.
