La proteina multitasking che trasforma lo sviluppo dei neuroni

La proteina multitasking che trasforma lo sviluppo dei neuroni

La proteina multitasking che trasforma lo sviluppo dei neuroni

Giada Liguori

Novembre 19, 2025

Genova, 19 novembre 2025 – Una proteina chiamata Mettl9 è al centro di una scoperta che promette di cambiare il modo in cui guardiamo allo sviluppo del cervello. Uno studio internazionale, guidato dall’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova e pubblicato su Nature Communications, ha rivelato che questa proteina è fondamentale per trasformare le cellule immature in neuroni durante la crescita embrionale. Alla ricerca hanno partecipato anche la Scuola Normale Superiore e l’Università di Pisa, l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, l’Istituto di Nanotecnologia del CNR di Lecce e l’Università di Torino. Gli esperti spiegano che la semplice presenza di Mettl9 è decisiva per la formazione del cervello, aprendo così nuove strade per capire malattie come Alzheimer e Parkinson.

Mettl9, la proteina che fa molto più di quello che pensavamo

Il team guidato da Luca Pandolfini dell’IIT ha scoperto che Mettl9 non si limita a modificare le proteine necessarie ai neuroni, come già si sapeva. C’è di più. “Se togliamo questa proteina dalle cellule, queste non riescono a diventare neuroni”, spiega Pandolfini. La sola presenza di Mettl9 è sufficiente per indirizzare il destino della cellula. Gli scienziati chiamano questo fenomeno moonlighting, ovvero il “secondo lavoro” che una proteina svolge oltre alla sua funzione principale.

I dati raccolti a Genova e negli altri centri mostrano che Mettl9 funziona come un supervisore silenzioso: anche se non compie la sua attività chimica, la sua presenza fisica nelle cellule è indispensabile. Solo così le cellule immature possono iniziare a diventare neuroni. Un dettaglio che finora era sfuggito agli studi precedenti.

Una speranza per le malattie neurodegenerative

La ricerca, durata diversi anni e condotta su modelli animali e cellulari, potrebbe far luce sui meccanismi alla base di malattie come Alzheimer, Parkinson e alcune disabilità neurologiche congenite. “Abbiamo trovato una proteina chiave per lo sviluppo del cervello”, ribadisce Pandolfini, “ma soprattutto abbiamo dimostrato che il fenomeno del moonlighting potrebbe essere molto più comune di quanto si pensasse”.

Gli scienziati ipotizzano che molte altre proteine, finora ritenute specializzate in un solo compito, possano invece avere ruoli nascosti. È una pista che apre nuovi orizzonti per la ricerca biomedica. “Il nostro lavoro suggerisce che molti enzimi potrebbero avere funzioni diverse da quelle già conosciute”, aggiunge Pandolfini. Se confermato, questo potrebbe cambiare il modo di affrontare le malattie del sistema nervoso.

Un lavoro di squadra che unisce l’Italia

Il progetto ha coinvolto vari centri italiani: oltre all’IIT di Genova, la Scuola Normale Superiore e l’Università di Pisa hanno portato avanti analisi genetiche avanzate; l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano ha messo a disposizione competenze nelle tecniche di imaging molecolare; il CNR di Lecce e l’Università di Torino si sono occupati degli aspetti biochimici.

I ricercatori dicono che i prossimi passi saranno cercare altre proteine con funzioni “nascoste” simili a quelle di Mettl9 e studiare cosa succede quando manca questa proteina in modelli animali più complessi. L’obiettivo è capire se difetti nella sua presenza o attività possano essere direttamente collegati a disturbi neurologici nell’uomo.

Un nuovo modo di vedere le proteine

Scoprire che Mettl9 ha questa funzione “moonlighting” cambia il modo di pensare allo sviluppo del cervello. Fino a oggi molte proteine erano considerate “a funzione unica”. Ma questo studio suggerisce che la realtà è più complessa. “Ci sono ancora tante domande aperte”, ammette Pandolfini. “Solo studiando questi nuovi ruoli potremo davvero capire come nasce e si sviluppa il cervello umano”.

In attesa dei prossimi risultati, la comunità scientifica osserva con attenzione le possibili applicazioni terapeutiche di questa scoperta. Per ora, una cosa è certa: nel delicato equilibrio della formazione del cervello, anche una singola proteina può fare la differenza.