Roma, 20 novembre 2025 – Il sistema pensionistico contributivo italiano torna sotto i riflettori, con tutte le sue fragilità strutturali e le evidenti mancanze di solidarietà tra generazioni. È quanto è emerso ieri a Roma durante il seminario “Previdenza Next Gen”. A mettere sul tavolo il problema è stato Stefano Giubboni, docente di Diritto del Lavoro all’Università di Perugia, che ha puntato il dito sui punti deboli e sulle possibili strade da percorrere davanti a un pubblico fatto di esperti, sindacalisti e addetti ai lavori.
Sistema contributivo, le falle più evidenti
Giubboni non ha usato mezzi termini nel descrivere le “mancanze di solidarietà” che segnano il modello attuale. “Abbiamo davanti un sistema che presenta chiari deficit”, ha detto, sottolineando come il meccanismo vigente lasci fuori molte categorie. A pagare il prezzo più alto sono soprattutto i lavoratori con carriere spezzate, chi si ritrova in lavori precari e le donne, spesso più esposte alle disuguaglianze.
Il docente ha spiegato che il sistema così com’è non riesce a offrire una protezione vera a chi passa momenti di disoccupazione o vive condizioni di instabilità. “Non basta intervenire solo sulle pensioni”, ha aggiunto, indicando la necessità di misure più ampie e coordinate.
La pensione contributiva di garanzia: una proposta concreta
Tra le idee messe in campo, una ha raccolto particolare attenzione: la pensione contributiva di garanzia. Un concetto che gira da tempo nei tavoli tecnici ma che, come ha ricordato Giubboni, finora non è mai stato davvero messo in pratica per “mancanza di volontà politica”. L’idea è mantenere l’impianto contributivo – ormai la spina dorsale del sistema italiano – ma correggerne le lacune, offrendo una soglia minima di protezione a chi rischia di restare indietro.
“Si tratta di una correzione fondamentale”, ha spiegato Giubboni, “che aiuterebbe a bilanciare le debolezze attuali e a garantire più equità”. Il discorso riguarda soprattutto i giovani, le donne e chi ha lavori instabili. Solo così, hanno detto gli esperti, si potrà evitare che in futuro molte persone si trovino con pensioni troppo basse.
Previdenza e lavoro: una partita da giocare insieme
Il punto chiave resta il legame tra pensioni e mercato del lavoro. Giubboni ci ha tenuto a sottolinearlo: “Occorre accompagnare il sistema pensionistico con interventi mirati sul lavoro, dando più attenzione ai giovani e alle donne”. Non basta cambiare le regole delle pensioni, bisogna migliorare anche le condizioni di lavoro.
Nel corso del seminario, diversi interventi hanno evidenziato come la precarietà degli ultimi vent’anni abbia pesato sulla capacità contributiva dei più giovani. Dati INPS citati durante l’incontro mostrano che oltre il 30% dei lavoratori sotto i 35 anni ha avuto esperienze di lavoro intermittente o part-time involontario. Una situazione che rischia di tradursi, tra qualche decennio, in pensioni troppo basse o addirittura sotto la soglia di povertà.
Patronato Acli in prima linea, le sfide che aspettano
Una novità del confronto romano è stata la volontà di “trasformare queste riflessioni in proposte concrete”, come ha concluso Giubboni. Il Patronato Acli, presente con diversi rappresentanti, sembra pronto a fare da tramite per portare queste idee davanti alle istituzioni.
“Il nostro obiettivo”, ha detto un portavoce Acli a margine, “è creare una piattaforma che unisca tutela previdenziale e politiche attive per il lavoro”. Un cammino non facile, hanno ammesso gli organizzatori, ma necessario per evitare che il tema resti chiuso nei dibattiti accademici.
Il prossimo appuntamento è già fissato per gennaio 2026, quando saranno presentate le prime proposte operative. Nel frattempo, la questione della pensione contributiva di garanzia resta uno dei nodi più caldi nel confronto tra governo, sindacati e società civile. E tra i corridoi del seminario romano cresce la sensazione che, questa volta, si possa davvero passare dalle parole ai fatti.
