New York, 20 novembre 2025 – Il prezzo del petrolio ha ceduto terreno ieri a New York, chiudendo con un calo del 2,09% e portando il barile a 59,47 dollari. Una frenata che ha sorpreso molti, soprattutto considerando le tensioni ancora accese in Medio Oriente e le incertezze sulla domanda mondiale.
Petrolio in ribasso: cosa sta succedendo
Dietro il calo delle quotazioni del greggio c’è una serie di fattori che si sono sommati. In primis, i dati sulle scorte statunitensi pubblicati ieri dalla Energy Information Administration hanno mostrato un aumento ben più alto del previsto: circa 3,2 milioni di barili in più rispetto alla settimana precedente. Un segnale che, come ha spiegato John Kilduff di Again Capital, “ha smorzato le speranze di un possibile calo dell’offerta”.
Ma non è tutto. A pesare sono anche i segnali di un rallentamento della domanda cinese. Fonti vicine al governo di Pechino parlano di una crescita economica nel quarto trimestre più debole rispetto alle attese di inizio anno. “Gli acquisti delle industrie cinesi sono meno sostenuti – ha detto un trader di Shanghai – e questo si riflette subito sui prezzi globali”.
La reazione dei mercati e degli operatori
A Wall Street la risposta non si è fatta attendere. Nel cuore del New York Mercantile Exchange, l’atmosfera è diventata subito più prudente. Qualche broker ha parlato di “vendite tecniche” scattate dopo che il prezzo ha infranto la soglia psicologica dei 60 dollari. “Quando il prezzo scende sotto certi livelli – ha spiegato un operatore che ha preferito restare anonimo – molti algoritmi scattano in automatico, vendendo e amplificando la discesa”.
Anche i titoli delle grandi compagnie energetiche hanno risentito della flessione. ExxonMobil e Chevron hanno chiuso in calo rispettivamente dell’1,8% e del 2,1%. Il movimento ha trascinato giù anche gli indici principali: il Dow Jones ha perso lo 0,6%, mentre l’S&P 500 ha lasciato sul terreno lo 0,4%. Solo in serata, intorno alle 22 ora italiana, la situazione si è stabilizzata.
Cosa aspettarsi nelle prossime settimane
Le previsioni per il mercato petrolifero restano contrastanti. Da una parte, l’OPEC+ continua a seguire la situazione da vicino e non esclude nuovi interventi per sostenere i prezzi. “Siamo pronti a muoverci se serve”, ha detto ieri sera il ministro dell’Energia saudita Abdulaziz bin Salman in un incontro con la stampa a Riyad. Dall’altra, diversi esperti sottolineano che oggi l’influenza del cartello è meno forte rispetto al passato.
A complicare le cose, c’è anche l’incertezza sulle mosse delle banche centrali principali. La Federal Reserve, in particolare, potrebbe tenere i tassi d’interesse alti ancora per un po’, frenando così l’economia e la domanda di energia negli Stati Uniti. “Il rischio di una recessione tecnica non è da escludere”, ha osservato Lisa Shalett di Morgan Stanley.
Cosa cambia per consumatori e imprese
Il calo del prezzo del petrolio potrebbe tradursi, nelle prossime settimane, in un leggero calo dei prezzi alla pompa per americani ed europei. Tuttavia, le associazioni dei consumatori italiane avvertono: l’effetto sui carburanti sarà probabilmente limitato e non immediato. “I distributori aggiornano i listini con calma quando i prezzi scendono”, ha ricordato Massimiliano Dona dell’Unione Nazionale Consumatori.
Per le aziende che consumano molta energia, invece, questa flessione è un piccolo respiro in un momento ancora difficile, con costi alti e margini stretti. Ma come segnalano gli operatori del settore logistico di Milano e Genova, “la volatilità resta alta e nessuno si aspetta che il prezzo si stabilizzi a lungo sotto i 60 dollari”.
Un mercato ancora in bilico
Insomma, la giornata di ieri ha confermato quanto il mercato del petrolio sia ancora in balia di molte incognite: dalle mosse dell’OPEC+ alle tensioni geopolitiche, passando per i dati economici di Cina e Stati Uniti. Gli investitori restano cauti. E mentre le sale trading si svuotano – erano quasi le 17 a New York quando l’ultimo scambio ha fissato il prezzo a 59,47 dollari – la sensazione è che la partita sia tutt’altro che chiusa.
